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Veneto, Sardegna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Abruzzo, Liguria e Basilicata. Con il deposito da parte di ben otto Regioni a guida centrodestra della richiesta di referendum abrogativo sulla legge elettorale che mira a cancellare la parte proporzionale del Rosatellum (quasi il 65%) per trasformare il sistema in un maggioritario con tutti collegi uninominali, Matteo Salvini prova a entrare a gamba tesa nel dibattito interno alla maggioranza giallo-rossa sulla riforma elettorale.
Chiaro l’intento di stoppare la tentazione di un ritorno al proporzionale che ha dato vita all’accordo di governo tra M5s e Pd: un proporzionale, sia pure con soglia al 5%, sarebbe deleterio per il leader della Lega perché non basterebbe più alla coalizione da lui guidata raggiungere il 40% circa dei consensi per avere la maggioranza assoluta dei seggi come avverrebbe con il Rosatellum.
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Perché il quesito appare inammissibile
La questione ora passa ai giudici: prima la Cassazione per il controllo formale, poi la Corte costituzionale per il controllo sostanziale (la decisione dei giudici costituzionali dovrebbe arrivare a gennaio 2020). Tuttavia il quesito messo a punto da Roberto Calderoli è già stato bollato come inammissibile da molti costituzionalisti: come spiega il deputato dem Stefano Ceccanti, «il quesito è palesemente inammissibile perché non auto-applicativo, dal momento che mancano i collegi uninominali in cui votare».
Come è noto infatti la Consulta ha storicamente ammesso i referendum sulla legge elettorale solo nel caso in cui sono autoapplicativi, dal momento che su una materia cruciale per il funzionamento delle regole elettorali non può esserci un vuoti normativo con la conseguenza che per un certo periodo è impossibile tornare al voto. Ora, è vero che il quesito messo a punto da Calderoli inserisce la delega al governo per disegnare i collegi nel restante 65% del territorio nazionale ma l’autoapplicatività deve valere dal giorno del referendum nel caso in cui vincano i sì: non può esserci vuoto normativo neanche per il breve tempo (2 mesi) della delega.
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