Il trait d’union tra il Conte uno e il Conte si chiama Matteo. Un nome che per il premier del governo gialloverde prima e di quello giallorosso oggi assume sempre più le sembianze di un incubo
di Barbara Fiammeri
Conte a Renzi: non abbiamo bisogno fenomeni o mistificare realtà
2′ di lettura
Il trait d’union tra il Conte uno e il Conte si chiama Matteo. Un nome che per il premier del governo gialloverde prima e di quello giallorosso oggi assume sempre più le sembianze di un incubo. A sostituire Salvini, che solo due mesi fa tuonava dalle spiagge roventi del Papeete contro l’esecutivo, c’è ora l’altro Matteo (Renzi). Non passa giorno che il leader di Italia Viva non lanci bordate per mancare la distanza dal resto della maggioranza e dal presidente del Consiglio.
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Il guastatore
Il giudizio sprezzante («un pannicello caldo») sul taglio del cuneo fiscale prospettato da Conte è solo l’ultima in ordine temporale. Presto altre ne arriveranno. Renzi così come Salvini, dopo essere stato il principale protagonista della nascita del Governo Conte, ha smesso repentinamente gli abiti del fedele alleato per indossare quelli del guastatore. Basti ricordare che ha scelto di ufficializzare la rottura con il Pd e la nascita dei gruppi parlamentari di Italia viva nel giorno in cui si stava completando la squadra di governo con il giuramento dei sottosegretari.
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Gli sparring partner
L’obiettivo è chiaro. Renzi vuole recuperare consenso e per farlo deve usare gli alleati e il premier come sparring partner. Proprio come ha fatto il primo Matteo per 14 mesi. La contrapposizione è il modo più facile per far convergere su di sé i riflettori e non mollerà la presa facilmente. Certo al momento Renzi non ha le carte di cui disponeva Salvini. L’ex ministro dell’Interno aveva dalla sua un consenso personale e per il suo partito altissimo mentre il Matteo che sostiene il Conte due, se si votasse oggi, faticherebbe a superare la soglia di sbarramento.
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