Ricapitoliamo: mentre Donald Trump dava il via libera al presidente turco Recep Tayyip Erdogan all’invasione della Siria, con tanti saluti ai valorosi curdi, e mentre emergevano incontri poco chiari tra i capi dei nostri servizi e l’Attorney general americano William Barr, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio passava un week end molto lontano dagli affari internazionali. Sabato mattina era a Portici, alla cerimonia per il 180° anniversario della linea Napoli – Portici, mentre domenica, dopo un passaggio allo stabilimento produttivo Novamont di Terni, in visita alla cascata delle Marmore insieme alla sua compagna, Virginia Saba.
Tra un treno e una cascata Di Maio trovava anche il tempo di bacchettare i suoi alleati di governo: «Stamattina, come tante altre volte, sui giornali leggo troppi annunci. Questo non può essere il governo in cui ogni mattina leggiamo interviste che annunciano qualcosa». È lo stesso Di Maio che, dopo aver annunciato per settimane una “grandissima novità” sul meccanismo dei rimpatri, ha presentato un decreto in cui dichiara 13 Stati extracomunitari “paesi sicuri” per accorciare i tempi delle procedure da 2 anni a 4 mesi? Ce lo si chiede perché, senza accordi con i suddetti paesi (al momento in vigore soltanto con Marocco, Tunisia, Egitto e Nigeria), nessun migrante irregolare potrà essere rimpatriato. A proposito di annunci.
Al Ministero, tra l’altro, non sono entusiasti della tendenza 5 Stelle a trasformare la Farnesina nella sede del partito: come se non bastassero le riunioni con i ministri grillini, invitati nella nostra sede diplomatica per mostrare la propria alterità rispetto al Partito democratico, anche la conferenza stampa di presentazione del decreto è stata trasformata in un evento di parte. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, competente in materia e firmataria del decreto, non era presente alla conferenza stampa, ufficialmente perché impegnata a Milano: «È inusuale, certo, che il ministro dell’Interno non fosse presente, anche perché il decreto non cambia granché in termini pratici. Cerchiamo però di non farci distrarre dalla forma: se dei rimpatri non se ne occupa l’Europa, noi in qualche modo dobbiamo cominciare a muoverci», spiega un diplomatico.
Della complicata storia che lega i servizi italiani alla controinchiesta trumpiana sul Russiagate alla Farnesina se ne sa poco. La visita di Barr sorprende i diplomatici italiani, che ammettono di trovare inconsueta la faccenda: «Stupisce tutto questo movimento sotterraneo: parliamo di un membro importante del governo americano che incontra i servizi sul nostro territorio senza passare per i canali istituzionali, senza avvertire né noi né la sua ambasciata», spiega una fonte della Farnesina, dove i diplomatici si attendono un chiarimento da parte di Giuseppe Conte, che riferirà nei prossimi giorni al Copasir.
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