All’indomani dell’accordo futurista tra Pd e 5 stelle Andrea Orlando, ex ministro di giustizia ed attuale vicesegretario, ha avuto ben chiaro che il nodo della giustizia avrebbe potuto essere “ lo sparo di Sarajevo” per la deflagrazione improvvisa della nuova maggioranza, un accidente imprevedibile in agguato.
La scelta del partito di defilarsi e il via libera senza problemi a Bonafede, l’uomo della svolta giustizialista a via Arenula, è stata interpretata come una sorta di tacito baratto con l’alleato: al PD l’economia e l’Europa, ai grillini la giustizia per la rivoluzione populista nei tribunali in cambio della “pace di coalizione”.
Anche la scelta del sottosegretario, Andrea Giorgis, un brillante studioso e docente di diritto costituzionale invece di un politico, deponeva in tal senso. Meglio sopire, smussare e non increspare le acque su cui si naviga.
In realtà il basso profilo non ha eliminato i focolai di tensione, a partire dallo spinoso problema del blocco della prescrizione fissato dalla legge “spazzacorrotti” (il frutto più avvelenato della breve liason gialloverde) al 2 gennaio 2020, a partire dal quale i nuovi processi che si apriranno vedranno bloccata per sempre la prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
I leghisti raccontano che l’accordo includeva anche una riforma più ampia nel senso delle garanzie del codice di procedura. In particolare si sarebbe data via libera alla definitiva separazione delle carriere prevista da una legge di iniziativa popolare promossa dall’ Unione delle Camere Penali, la massima assise dei penalisti italiani. Il vero punto però era l’attuazione delle misure di accelerazione dei processi, specie in sede penale.
L’attuale proposta di Bonafede si ferma ad un temine di 4 anni entro cui esaurire i vari gradi di giudizio: puro miraggio, ma intanto consente di dire che si abolisce la prescrizione perché comunque i processi si faranno un batter d’occhio, ma il problema sono le conseguenze da riconnettere al suo mancato rispetto.
La sanzione prevista in caso di sforamento sarebbe una non meglio precisata sanzione disciplinare ma solo “ in caso di dolo o negligenza inescusabile “. Una precisazione del tutto inutile in quanto già le ipotesi in questione costituiscono illeciti, anche penali di rarissima applicazione.
Occorrono ben altri contrappesi così come inaccettabile è che a fronte di un termine ( ipotetico) di quattro anni la custodia cautelare in caso di violazione della durata possa estendersi fino a nove anni.
Come se non bastasse su questo quadro di tensioni striscianti si e’abbattuta anche se non inattesa la decisione della Corte europea dei diritti umani che sancisce in via definitiva l’illegittimità del ergastolo ostativo .
La corte molto chiaramente dice ( come peraltro l’art.27 della Costituzione) che non si può negare a nessuno , anche al peggiore , la speranza di un riscatto e che a stabilirlo debba essere un giudice che valuti il percorso di riabilitazione . Non ci saranno scarcerazioni di massa salvo che coloro che oggi si strappano i capelli e inveiscono contro l’oltraggio a Falcone non considerino i loro colleghi che decideranno dei vili o dei codardi. Così è generalmente, i moralizzatori pensano il peggio dei loro simili.
Di Maio e Bonafede minacciano fiera resistenza ma occorre loro spiegare che una sentenza della CEDU è roba serissima , che va applicata pena lo scoppio di un devastante contenzioso con la Corte ed il Consiglio Europeo, con il rischio di pesanti sanzioni.
E tra circa una decina di giorni arriverà sullo stesso punto la decisione della Corte Costituzionale . È probabile dichiari l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo espungendolo direttamente dall’ordinamento.
Di fronte a questo scenario, Orlando e Giorgi hanno una carta da giocare: una riforma del carcere “chiavi in mano “ già pronta.
Gli Stati Generali dell’esecuzione penale è stato il fiore all’occhiello del governo ministeriale di Orlando, una riforma organica delle leggi carcerarie redatta dai migliori giuristi italiani guidati da Glauco Giostra, ispirata a principi solidamente umanitari e costituzionali .
All’epoca fu ritirata ed entrambe le parti in causa ( governo e Camere Penali) si sono rinfacciate le responsabilità ( Orlando accusò platealmente le Camere Penali di fare politica di opposizione preconcetta al governo Renzi).
Oggi permetterebbe di adeguare l’ordinamento italiano alla sentenza della Corte europea , preservare principi costituzionali. Ma consentirebbe molto di più. Ad esempio sconfiggere la demagogia impazzita di un ministro che blatera di certezza della pena, confondendo condanna definitiva e le modalità di esecuzione, cercare il dialogo con i “ corpi intermedi progressisti” ( intellettuali, magistratura, avvocatura) oggi senza rappresentanza. Per il PD una scelta difficile ma anche un’opportunità da non perdere. Presto il versante della giustizia offrirà altri tornanti. A cominciare dallo scandalo del CSM e della sorte giudiziaria dell’indagato più illustre, Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, leader della corrente di maggioranza relativa in ANM, tra i primi ad aderire al nuovo partito di Matteo Renzi .
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/10/10/pd-5-stelle-bonafede-degiorgis-spazzacorrotti-abolizione-prescrizione/43876/