Di Maio: lunedì Cdm su fisco. Conte lo stoppa e convoca un vertice sui reati tributari
di Manuela Perrone
(Agf)
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Al Senato il nodo ex Ilva, alla Camera la manovra e il decreto fiscale. Il M5S è in subbuglio, i malumori finiscono per sommarsi e confondersi. Il risultato è un “tutti contro tutti” e la sfida aperta di Luigi Di Maio, che stamane riunirà i suoi ministri («Su molti temi voglio vederci chiaro») al premier Giuseppe Conte. La cui spina nel fianco diventa proprio il partito che lo ha voluto a Palazzo Chigi.
A livello politico lo stralcio dal decreto imprese dello scudo penale per ArcelorMittal è una vittoria dei dissidenti capitanati dall’ex ministra pugliese Barbara Lezzi. In 17 avevano firmato l’emendamento soppressivo, riuscendo a coagulare intorno a una battaglia identitaria del Movimento il consenso della maggioranza dei senatori del gruppo. Tanto che il ministro M5S dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, non ha potuto che prenderne atto: la fiducia non sarebbe passata, meglio cancellare la norma a fronte di un impegno del Governo a cercare soluzioni alternative.
La patata bollente torna così nelle mani di un altro ministro M5S, Stefano Patuanelli. Ma il segnale lanciato a Di Maio sul primo decreto utile è inequivocabile: nonostante a Palazzo Madama i Cinque Stelle siano riusciti a eleggere il nuovo capogruppo, Gianluca Perilli (che ha vinto di 3 voti su Danilo Toninelli), quella andata in scena è una prova di forza nei confronti dei vertici. L’allerta su transfughi o scissioni resta alta.
A Palazzo Chigi l’irritazione monta. E la partita parallela sulla manovra non fa che peggiorare i rapporti tra Conte e Di Maio. Il duello è a distanza, ma palese. In diretta Facebook quando a Washington è notte, il capo politico M5S sostiene che «la legge di bilancio probabilmente verrà approvata nel Consiglio dei ministri di lunedì». Il premier lo stoppa: «La manovra è stata approvata salvo intese, ci sono aspetti su cui possiamo ragionare, ma nel Cdm previsto lunedì stiamo lavorando a un decreto legge sul terremoto». Dietro il botta e risposta c’è il pressing di Di Maio e dei suoi su quattro temi: il tetto al contante abbassato da 3mila a 2mila euro, il carcere per i grandi evasori, troppo timido, le sanzioni per chi non accetta i pagamenti elettronici e la stretta sulla flat tax per le partite Iva. «Bisogna combattere contro la grande evasione – attacca Di Maio – non contro il commerciante. Prima della multa sul Pos bisogna abbassare le commissioni delle banche».
Conte, che ai partiti chiede lealtà, replica con due mosse. Al mattino convoca una riunione di maggioranza sui reati fiscali, quasi a blindare il metodo concordato con Pd e Leu: nel Dl fiscale resta la norma che aumenta da 6 a 8 anni la pena massima per dichiarazione fraudolenta. Sarà invece in Parlamento, con un emendamento in fase di conversione, che potranno trovare spazio, previa intesa, le richieste del M5S, dall’abbassamento delle soglie di punibilità alla confisca dei beni dei condannati. Non è tutto. A Bruxelles per il Consiglio europeo, il premier fissa un altro paletto: «Il tetto al contante non si tocca». E sul cashless rassicura: «Non sarà penalizzata alcuna categoria». Fonti di Governo aggiungono che il presidente lavora per ridurre le commissioni proprio per non danneggiare i piccoli e che si studia una rimodulazione delle multe per i commercianti.
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