“Luciano iniziò a chiamare a casa mia, a Dublino. Il più grande cantante della terra, forse il più grande mai esistito nella storia che ti chiama a casa per convincerti a scrivere una canzone. E pian piano fece amicizia con la mia domestica, Theresa, che era italiana. Conquistò la sua fiducia finché lei non divenne la sua complice”. Le parole di Bono Vox che tratteggiano con infinito affetto un Luciano Pavarotti stalker pur di convincerlo a scrivere per lui e poi a cantare nella sua Modena con gli U2 hanno dell’incredibile. “Era molto umile. Trasformò la nostra domestica nella sua consigliera. E lei, sia a colazione sia a merenda, mi chiedeva: “Hai scritto la canzone per lui? Finché un giorno non si presentò direttamente a casa mia con una troupe televisiva. Era impossibile dirgli di no e lui lo sapeva bene”.
A parlare sono tutte le donne della sua vita
Questo racconto tratteggiato da Bono e intervallato dalle immagini del Pavarotti & Friends con gli U2 sul palco che duettano con Big Luciano sulle note di “Miss Sarajevo” è solo una delle 53 incredibili testimonianze di un documentario imperdibile, “Pavarotti”, realizzato dal premio Oscar Ron Howard, prodotto da Nigel Sinclair e al cinema il 28-29-30 ottobre. Imperdibile non soltanto per gli appassionati melomani e per i fan del più grande cantante d’opera di tutti i tempi capace di vendere oltre 100 milioni di dischi in carriera riempiendo stadi e teatri di ogni angolo del globo. “Pavarotti” è un documento eccezionale soprattutto per conoscere l’uomo, per troppo tempo nascosto dall’immenso artista. L’eccezionalità è data dalla quantità e qualità delle immagini di repertorio, molte delle quali sono inedite e dalla partecipazione delle due famiglie del tenore, quella formata dalla prima moglie Adua Veroni con le tre figlie Lorenza, Cristina e Giuliana e quella formata dalla seconda moglie, Nicoletta Mantovani, madre della quartogenita Alice che quando Pavarotti morì nel 2007, stroncato da un tumore al pancreas, aveva appena quattro anni e mezzo. Ci sono le straordinarie immagini del concerto alle Terme di Caracalla a Roma, quello della Coppa del Mondo del 1990 seguito da quasi un miliardo e mezzo di persone estasiate davanti ai tre tenori che gareggiavano in bravura, come raccontano José Carreras e Placido Domingo nel corso del film.
L’ex Ricky di Happy Days: “Ecco cosa mi ha colpito di lui”
Un documentario presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma dove l’ex Ricky Cunningham di “Happy Days” diventato uno dei registi più importanti del mondo (“A Beautiful Mind”, “Il Codice da Vinci”, “Angeli e Demoni”, “Rush”, “Apollo13”) si è presentato con l’immancabile cappellino da baseball calcato sulla fronte a testimoniare la sua fascinazione per l’artista ma soprattutto per l’uomo: “Di Pavarotti mi ha colpito il sorriso. Credo che l’aver rischiato di morire quando era bambino, come lui stesso racconta in un brano del film, gli abbia dato questa incredibile voglia di vivere, o meglio la decisione di vivere ogni giorno come un’opportunità che forse non avrebbe potuto avere. Di lui mi ha colpito l’umiltà, l’azzardo e il coraggio, ma anche la capacità di affrontare il dolore e perfino di farsi carico delle critiche. Sapeva che lo avrebbero attaccato per la commistione tra lirica e pop ma voleva molto di più fare beneficienza”.
Ma non è un “santino”, sia chiaro
Pavarotti non è un “santino”, sia chiaro. Il racconto delle due mogli, così come delle tante persone intervistate è interessante proprio perché sincero. Ci sono gli errori e anche le asperità. “Nelle parole della prima moglie, che lo ha raggiunto quando lui era in punto di morte, c’è il perdono che non riesce però a dimenticare il dolore”. Particolarmente toccante il racconto di Nicoletta Mantovani, 34 anni di differenza che le causarono una quantità indescrivibile di critiche quando Luciano lasciò la prima famiglia per lei: “Poco tempo dopo che stavamo insieme scoprii di avere la sclerosi multipla. Ero a pezzi e chiesi a Luciano di lasciarmi. Lui mi rispose così: “Se fino a oggi ti amavo, d’ora in poi ti adorerò”.