«L’Italia è il Paese che amo», disse nel 1994 Berlusconi nel famoso videomessaggio in cui annunciava la nascita di Forza Italia. Riletto oggi, quel testo scritto da Giuliano Ferrara è il miglior manifesto politico contro la caciaresca improvvisazione illiberale e moscovita di Salvini: «Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare». E, ancora, «mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato… Di questo polo delle libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali». Maturità, testa sulle spalle, esperienza, creatività e innovazione, capacità di far funzionare lo Stato, richiamo ai principi fondamentali delle democrazie occidentali, non sono esattamente le prime cose, e nemmeno le ultime, che vengono in mente guardando Casa Salvini, Meloni e Pound.
«Noi crediamo nell’individuo – disse Berlusconi nel 1994 – nella famiglia, nell’impresa, nella competizione, nello sviluppo, nell’efficienza, nel mercato libero e nella solidarietà, figlia della giustizia e della libertà», principi opposti a quelli di chi ha a cuore quota 100, porti chiusi, patti politici con la cleptocrazia del Cremlino e nostalgia del Ventennio.
«Se ho deciso di scendere in campo con un nuovo movimento – concluse Berlusconi nel 1994 – è perché sogno, a occhi bene aperti, una società libera, di donne e di uomini, dove non ci sia la paura, dove al posto dell’invidia sociale e dell’odio di classe stiano la generosità, la dedizione, la solidarietà, l’amore per il lavoro, la tolleranza e il rispetto per la vita».
La parabola politica di Berlusconi immaginava una società libera, senza paura, senza invidia sociale, senza odio di classe e generosa, solidale e tollerante, a San Giovanni si è conclusa negando se stessa.
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