Per il Movimento Stelle è un normale comizio, per il Pd una nuova Vasto. La prima uscita in pubblico di Conte, Di Maio, Zingaretti e Speranza è la sintesi del governo giallorosso: aspettative diverse e un amore non corrisposto. Siamo a Narni: bello e minuscolo Comune della bassa Umbria, a pochi chilometri dal confine con il Lazio. Questi luoghi hanno ispirato C.S. Lewis, autore non a caso delle Cronache di Narnia. Mancano leoni, satiri e armadi magici, ma l’idea di vedere M5S e Pd fare un comizio insieme sembrava fino a poche settimane fa materiale da fantasy. I big del governo hanno scelto per il loro battesimo una piccola chiesa sconsacrata con una stretta navata centrale, chiamata auditorium solo per formalità burocratiche. Quasi 200 posti a sedere, cinquanta riservati ai giornalisti e cinquanta prenotati da politici e il loro staff.
Anche volendo, la folla della grandi occasioni faticherebbe a raggiungere questo comune sperduto tra le colline, antipatico a Google Maps che fa sbagliare strada anche a chi conosce questi luoghi. C’è uno schermo fuori dall’auditorium per trasmettere la diretta, ma davanti all’entrata c’è solo una stretta strada a senso unico dove passano tutto il tempo le macchine che fanno spostare a destra e sinistra le teste dei pochi curiosi appoggiati alle transenne. Chiediamo perché non hanno organizzato l’evento a Terni. L’ex Stalingrado umbra dista solo 12 km e avrebbe piazze che un tempo la sinistra riempiva. «Lì non governiamo né noi né loro, e poi venendo da Roma, Narni è la prima uscita in autostrada dopo Orte, ma questo non lo scrivere», risponde pragmatico un cinico addetto stampa.
La motivazione ufficiale è voler spiegare nei dettagli il contenuto della legge di Bilancio, come se fosse materiale da comizio. In realtà sono tutti qui l’ultimo giorno della campagna elettorale per salvare il salvabile di una corsa che non sta andando bene. Il candidato civico di M5S e PD, Vincenzo Bianconi, fatica a raggiungere nei sondaggi la candidata della Lega Donatella Tesei, per ora in vantaggio. Il compito non è facile. Da tempo l’Umbria non è più una regione rossa. Il centrodestra governa nelle tre città più grandi: Perugia, Terni e Foligno. Ma anche a Orvieto, Todi e Spoleto. Più o meno sei elettori su dieci umbri non sono rappresentati né da Pd né da M5s. Il resto sono tanti piccoli comuni che non superano i 40 mila abitanti. E in molti di questi hanno vinto candidati civici di sinistra purché non esponessero bandiere o simboli del Pd durante la campagna elettorale. La Regione è l’unica roccaforte rimasta per il centrosinistra che nelle sue varie forme la governa dal 1970.
Il primo ad arrivare è Roberto Speranza, ma non tutti se ne accorgono. Timidi applausi segnalano l’arrivo di Zingaretti e Di Maio che si siedono in prima fila. Conte non è ancora arrivato. «Ho visto che ieri ha palleggiato con Cucinelli. Non male». Per ingannare l’attesa Walter Verini, l’uomo forte del Pd in Umbria, si para davanti ai tre alleati e con ironia propone di raccontare una barzelletta. Ma non c’è bisogno. Zingaretti e Di Maio devono chiarire una cosa e per farlo mettono la mano davanti alla bocca. Si sentono le parole «Senato» e «Renzi», e il capo politico del M5S ripete tre volte «Pazzesco», sistemandosi la cravatta. A voi le conclusioni. Arriva Conte e i fotografi sperano di raccontare in uno scatto la nuova alleanza di centrosinistra, come la foto del comizio a Vasto nel 2013 che immortalò Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro e Nichi Vendola. Ma c’è poco spazio tra la prima fila e il palco. In un’altra epoca alcuni lo avrebbero preso come un presagio.
Sulla carta un comizio con un presidente del Consiglio e i tre leader dei partiti di governo dovrebbe essere un’esibizione da dream team. Ma l’effetto dal vivo è come sentir cantare il Quartetto cetra nel 2019. Testi già sentiti e musica del Novecento. Sarà forse l’acustica. Parlano uno alla volta prima di sedersi nelle spoglie sedie di plastica sul palco. Ognuno ha il suo cavallo di battaglia. Speranza cita l’articolo 32 della Costituzione. «Si è chiusa la stagione dei tagli e si è aperta quella degli investimenti nella salute». Zingaretti come sempre dice e non dice: «L’Italia è il Paese più importante dei mondo» ma «con grande fragilità». «Non è vero che va tutto bene, ma è vero che possiamo costruire qualcosa di buono», «Siamo diversi ma siamo insieme per il bene dell’Italia». Da neo ministro degli Esteri di Maio ricorda a tutti che ha la delega al commercio estero e cita il frantoio a Campello sul Clitunno che «imbottiglia il suo olio come lo champagne» e arriva fino nelle tavole dei ricchi cinesi. «Sul Made in Italy e il Made in Umbria non si discute», conclude in modo categorico, anche se in questa terra nessuno lo mette in dubbio, visto che si vive anche di esportazioni.
«Buongiorno a tutti e in particolare agli umbri» ci tiene a chiarire Conte. La prima vera preoccupazione del presidente del Consiglio è apparire super partes e far capire che non sta facendo campagna elettorale. Questo evento non è la prima pietra di una nuova alleanza, ma una normale visita istituzionale. «Se lo avessi fatto avrei bussato alle vostre porte e vi avrei messo in moto». Assicura che prima del governo non conosceva né Speranza né Zingaretti «L’ho visto solo per gli aiuti al terremoto. Dateci tempo per conoscerci bene»,. E suggerisce ai commentatori di non vedere il voto in Umbria come un test per il governo, visto come è andata con le elezioni europee.
L’elefante nella stanza, pardon, nell’auditorium di Narni, è lo scandalo sanità che ha travolto i vertici della Regione. È stato un consigliere regionale del Movimento 5 Stelle a denunciare la vicenda dei concorsi truccati. Ecco perché secondo molti alleandosi con il Pd, il M5S da sempre debole in Umbria ha perso anche l’unico tema forte da usare in campagna elettorale: la lotta contro l’establishment. Per far dimenticare le differenze si punta sul candidato in comune Bianconi per cui ci sono solo parole dolci. «Neanche conoscevo Vincenzo, ma la sua storia è bellissima», dice Zingaretti sul palco, e il confine tra autogol e complimento diventa labile. «Sei una brava persona che ha sempre lavorato», lo esalta Di Maio.
Nelle stesse ore a 135 km di distanza nella punta più a nord dell’Umbria Matteo Salvini incontra gli agricoltori a Cerbara, frazione di Città di Castello (Perugia), una delle ultime città governate dal centrosinistra, per poi scendere a chiudere la campagna elettorale in una piazza di Terni, a 12 km dal piccolo auditorium di Narni. A fine comizio Zingaretti, Conte e Di Maio escono per salutare una scolaresca che li saluta dal balcone, prima di parlare con i giornalisti e prendere un aperitivo al bar Gnocchetto, in via Garibaldi. «Non c’è più Speranza» grida qualcuno dalle retrovie. Ma il riferimento è al leader di Articolo 21, che ha già abbandonato l’Auditorium. Forse.
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