C’è chi, messi in cascina milioni di dollari e i premi più prestigiosi, cammina dentro la sua leggenda. E c’è chi non ci sta ad essere impagliato. Storia di una lezione
Herbie Hancock
A proposito di generosità e di vitalità. E’ ormai chiaro che a casa Hancock non si va mai a dormire presto. Anche quando gli anni vanno verso gli 80 (il prossimo aprile). Perché se non sei uno pieno di vitalità e di generosità verso il pubblico, non stai per due ore e mezza abbondanti sul palco. Il contrario di ciò che farebbe una qualsiasi superstar dello spettacolo, diventata milionaria e con la teca piena dei premi più prestigiosi (14 Grammy Award, e un Oscar per la migliore colonn a sonora bastano?) e dunque nelle posizione di potersi fare tutti gli sconti del caso. Perché quando la tua leggenda ti avvolge e ti precede, la tentazione di fare il minimo indispensabile è fortissima. A casa Hancock non funziona così. Il pianista e tastierista di Chicago lo ha dimostrato con un concerto di alto livello, appuntamento clou della giornata di apertura del 39^ festival Jazz in Sardegna – European Jazz Expo, edizione tutta nel segno di Alberto Rodriguez, grande giornalista e agitatore culturale che fu determinante nel far nascere la prima edizione di questa manifestazione nel maggio del 1980.
“Non parlo di Hancock, un artista commerciale che non mi interessa”
Il virgolettato viene da una vecchia intervista a Miles Davis, con cui Herbie Hancock ha disegnato una parte fondamentale del jazz e della musica tutta del tardo Novecento, entrando in quel quintetto (Davis-Hancock-Carter-Shorter-Williams) che distillò un capolavoro dopo l’altro. Quando le strade si divisero e da architetto del post bop Herbie divenne un artista eclettico che non disdegnava l’elettronica, la fusion, gli hit di grande presa fra radio e classifiche (uno per tutti: Rockit) gli strali del suo ex band leader gli piovvero addosso. Miles vomitava veleno, dimenticandosi che a sua volta andava sul palco indossando occhiali a parabrezza firmati Kenzo e ciabatte di Yohji Yamamoto. Ciascuno insegue i milioni di dollari a modo suo. Herbie Hancock non si è fatto mancare niente: auto di lusso, case dl lusso, droghe a go go, dischi best seller, cadute tremende e raffinate risalite musicali. Ed eccolo sul palco del Teatro Massimo di Cagliari, dove Jazz in Sardegna cominciò nel maggio del 1980.
Un quintetto di altissimo livello
Cosa puoi dire ad un live che ti prende e ti riporta alle radici del jazz rock e della fusion? Cosa puoi eccepire se chi ti riporta a quei suoni e quel periodo è uno degli inventori di quelle musiche? Niente, tanto più che la riproposizione (inclusi brani nuovi e ancora parzialmente inediti su disco) è di altissimo livello. Supportata da una band stellare: dalla coolness con suono di basso grande così del fedelissimo James Genus alla bravura della giovane Elena Pinderhuges a flauto e voce al chitarrismo tutto effetti di Lionel Loueke, che immerso nei whammy ed harmonizer che fanno alzare qualche sopracciglio, poi sprigiona un paio di sfuriate elettriche con fraseggio delizioso giusto per mettere a tacere i pochi scettici. Alla vigilia del concerto sono stati diversi a protestare per la sostituzione in corsa di Sua Drummeria, Vinnie Colaiuta, con Justin Tyson. ll batterista di colore, già alla corte di Robert Glasper, cioè il discepolo ideale di Hancock, è stato un ottimo motore ritmico (con qualche eccesso di volume, ma altrimenti si sarebbe chiamato Butterfly e non Tyson) per le evoluzioni dei suoi compagni sul palco. Sound elettrico e brani di gran tiro, in scaletta un paio di classiconi come Cantaloupe Island e Chameleon (che ha fatto scattare sulle sedie i cagliaritani, e abbiamo detto tutto). Quest’ultimo trasformato in una lunghissima jam con Herbie l’ottantenne, camicia sgargiante e sneakers color Ferrari intonate alla tastiera portatile con manico, che non ha risparmiato un grammo della sua invidiabile energia. Perché non c’è niente di più triste delle leggende impagliate, e Hancock lo sa bene, mentre si allontana saltellante dal palco in mezzo agli applausi. Jazz in Sardegna 2019 prosegue fino al 4 novembre: in cartellone (qui il programma completo) nomi come Steve Gadd, Franco D’Andrea e Cristiano De André che ricanta tutto Storia di un impiegato, di suo padre Fabrizio.
Herbie Hanckock durante il concerto al Teatro Massimo (foto di Alessandro Santoru)