Superficialità e demagogia. La politica italiana, sull’Ilva, ha coltivato le sue peggiori caratteristiche. Adesso ArcelorMittal restituisce le chiavi. E non è uno scherzo. L’azzeramento dell’Ilva comporta la perdita di 3,5 miliardi di Pil e di 1 miliardo di investimenti all’anno. Anche questo non è uno scherzo
di Paolo Bricco
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Superficialità e demagogia. La politica italiana, sull’Ilva, ha coltivato le sue peggiori caratteristiche. Adesso ArcelorMittal restituisce le chiavi. E non è uno scherzo. L’azzeramento dell’Ilva comporta la perdita di 3,5 miliardi di Pil e di 1 miliardo di investimenti all’anno. Anche questo non è uno scherzo.
L’attuale Governo ha completato lo smantellamento del quadro giuridico che garantiva a qualunque investitore avesse vinto l’asta pubblica di non pagare prezzi per colpe di altri.
C’è stata prima la delegittimazione morale: quasi che chiedere di non trovarsi in un tribunale o in un carcere per atti manageriali o amministrativi compiuti prima dell’arrivo a Taranto fosse discutibile ed inaccettabile, qualcosa di losco e oscuro sotto c’è sempre, se fanno tutto per benino perché devono avere paura?
Poi c’è stata la demolizione politica, con la sottrazione graduale ma inesorabile di ogni tassello dal mosaico di certezza normativa su cui era radicato il contratto di cessione, prima di affitto e poi di vendita, rafforzato da un addendum che ne circostanziava i meccanismi protettivi. Il risultato è stata l’esposizione di ArcelorMittal a un rischio giuridico che si è diffuso nella percezione di chiunque operasse nella fabbrica, inibendone l’attività. La cancellazione dello scudo giuridico ha fatto il paio con alcune precise scelte compiute dalla Procura di Taranto che, nel procedimento sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella avvenuta nel giugno 2015 (quando ArcelorMittal peraltro non c’era ancora), ha prima sequestrato senza facoltà d’uso l’altoforno 2, per poi riconcedere la facoltà d’uso imponendo però tempi molto stretti per la sua messa a norma.
Tutto questo è stato giudicato incomprensibile dai vertici di una multinazionale quotata a Londra che ha stabilimenti in tutto il mondo e che ha compiuto turnaround di acciaierie perfino in Paesi teatro di guerra. Evidentemente a Taranto e a Roma è più difficile operare. Peraltro, ArcelorMittal a Taranto ha incassato una delle sue peggiori sconfitte industriali. La gestione non ha mai funzionato. Con una scelta rara, ha fatto rientrare i suoi manager e ha messo a capo dell’azienda una dirigente di lungo corso come Lucia Morselli, che ha trovato perdite per 2,5 milioni di euro al giorno. E, dunque, davvero il Governo con la cancellazione completa dello scudo giuridico ha fornito ad ArcerlorMittal la chiave per mettersi la giacca, aprire la porta e andarsene via.
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