(ANSA) – VIBO VALENTIA, 12 NOV – La sua posizione era stata stralciata perché una consulenza medica lo aveva ritenuto incapace di intendere e di volere. E così se per gli altri imputati il processo “Dinasty – affari di famiglia” contro presunti boss e gregari della cosca Mancuso era andato avanti, arrivando a conclusione tra il 2008 e il 2009, per lui, Domenico Mancuso, 45 anni, figlio del boss ergastolano Peppe, alias “Mbrogghjia, si era invece fermato alle prime fasi.
Fino al 2016 quando una nuova perizia aveva ribaltato gli esiti della precedente. A quel punto era tornato a dibattimento per fatti di quasi 20 anni fa e adesso è arrivata la conclusione con il verdetto di primo grado: 21 anni e sei mesi per associazione mafiosa e 6.700 euro di multa.
L’imputato era l’ultimo a dover essere giudicato per il procedimento penale scaturito dall’operazione antimafia coordinata nel 2003 dalla Dda di Catanzaro e condotta dalle Squadre mobili di Vibo Valentia e Catanzaro che aveva disarticolato il clan di Limbadi.