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Miraggio o paradosso? Forse entrambi quando si parla del pareggio di bilancio, meta irraggiungibile che viene rinviata ogni anno avanti nel tempo mentre Bruxelles stringe (sulla carta) ancor più le maglie e nel rivedere l’”Obiettivo di medio termine” dell’Italia indica a causa dell’elevato debito pubblico che viaggia verso il 135,7% del Pil non più il pareggio ma un surplus dello 0,5 per cento. Regole scritte, in realtà già ampiamente reinterpretate e rese nei fatti più flessibili.
Le deroghe
Nel caso dell’Italia, se si esclude il duro braccio di ferro con il precedente governo (comunque chiusosi con un compromesso), non si può certo affermare che dal 2014 in poi abbia prevalso una linea “rigorista”. L’ultima “deroga” in ordine di tempo è prevista dalla manovra in discussione al Senato. L’«obiettivo di medio termine» da raggiungere entro il 2022, slitta ancora una volta. Il Governo si impegna a ridurre il deficit strutturale al -1,2% nel 2021 (dal -1,4% del 2020) e al -1% nel 2022, «per poi proseguire nel percorso di convergenza verso l’Omt negli anni a seguire».
I margini di flessibilità
In sostanza, preso atto del rallentamento dell’economia, il Governo ha chiesto e ottenuto dal Parlamento (che si è espresso a maggioranza assoluta) l’autorizzazione a discostarsi dagli obiettivi concordati. Margini di flessibilità (sotto forma di maggior deficit) sono attesi da Bruxelles per 14,4 miliardi. Il piano di rientro può attendere, ma intanto questi spazi di bilancio serviranno a evitare l’aumento dell’Iva. È la sesta “deroga” consecutiva alle regole europee e al dispositivo del nuovo articolo 81 della Costituzione, in cui è previsto espressamente il principio dell’«equilibrio di bilancio».
Le deviazioni dall’obiettivo
Gli eventuali scostamenti possono essere autorizzati dal Parlamento in presenza di eventi eccezionali. È quanto prevede la “legge rinforzata” del 24 dicembre 2012, cui è demandato il compito di attuare il contenuto dell’articolo 81 della Costituzione. Deviare dall’obiettivo di medio termine è possibile, ma solo se si è alle prese con periodi di grave recessione economica «relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea», o se si verificano eventi straordinari «al di fuori del controllo dello Stato», incluse gravi crisi finanziarie e calamità naturali con «rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese».
Gli eventi eccezionali invocati
Il governo Letta, nella Nota di aggiornamento approvata il 20 settembre 2013 rivede a -0,4% l’indebitamento strutturale di quell’anno, contro lo zero del Def di aprile, e a -0,3% quello del 2014 rispetto al precedente 0,4%, ma lascia al 2015 l’obiettivo del pareggio di bilancio. Un anno dopo, il 30 settembre 2014, il governo Renzi ricorre alla “deroga” invocando questi «eventi eccezionali»: un output gap “molto più ampio” del previsto (-4,3% del Pil) e un tasso di crescita negativo nel 2015 come mostra la revisione al ribasso delle stime (-0,3% rispetto allo 0,8% indicato nel Def di aprile). Il 2015 è «a rischio di ulteriore revisione al ribasso, con conseguente rischio di deflazione». Il pareggio slitta al 2017, anche a causa dell’aumento del debito (131,1% contro il 129,1% del 2013).