«Entrate e uscite sono tutte tracciate», scrive il leader di Italia viva. Via social il leader di Italia viva attacca i magistrati e si scusa con gli imprenditori perquisiti che hanno finanziato la Fondazione
Il leader di Italia viva Matteo Renzi (Ansa/Ettore Ferrari)
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«Non perdiamo il sorriso e la voglia di lottare per un’Italia più giusta. Più ci attaccano ingiustamente, più ci rafforzano. Chi vuole abbatterci lo faccia con le idee, non con altri mezzi. Andiamo avanti a testa alta. Viva l’Italia, viva». Matteo Renzi, dopo l’inchiesta su Open, contrattacca via Twitter:
«Entrate e Uscite di #Open sono tutte tracciate. Trasparenza al massimo. Magari le altre fondazioni fossero state trasparenti come Open».
L’attacco via Twitter
Nel mirino i due giudici fiorentini che si occupano dell’inchiesta. Già ieri, meno velatamente, aveva mosso insinuazioni contro il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo: «Lo stesso che ha arrestato i miei genitori», misura «annullata dopo qualche giorno dai magistrati del Tribunale del Riesame». Su twitter ora scrive: «Noi abbiamo seguito le regole delle fondazioni. I due giudici fiorentini dicono che #Open era un partito (!). Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori sul punto, decisivo per la democrazia di un paese. Tutti zitti?».
Sì alla commisione parlamentare d’inchiesta, ma su tutti
«Se Di Maio vuole una commissione di inchiesta su come si finanzia la politica io ci sto. Mettiamoci dentro Partiti, Fondazioni e Srl vicine al Movimento che ricevono consulenze e collaborazioni da società pubbliche, non solo italiane. La trasparenza vale sempre, no?», twitta Renzi. Poco dopo il senatore Davide Faraone di Italia viva annuncia, sempre via Twitter, di aver scritto alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, per chiederle di «calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato, viste le recenti vicende giudiziarie, sulle regole del finanziamento alla politica e su chi stabilisce cos’è un partito e cosa no».
Perquisiti i finanziatori
L’inchiesta su Open si è allargata a venti imprenditori che, secondo gli inquirenti, avrebbero sovvenzionato l’organizzazione, presieduta fino alla chiusura dall’avvocato Alberto Bianchi, nella rosa dei fedelissimi di Matteo Renzi. Oltre 30 le perquisizioni eseguite dalla Gdf in tutta Italia e ordinate dai pm che, accanto ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ora ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti.
Carrai fra gli indagati
Tra gli indagati e perquisiti c’è anche Marco Carrai, l’imprenditore fiorentino amico personale di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open. «Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge», ha dichiarato Marco Carrai imprenditore ed ex componente del cda Open. Renzi, sempre via Twitter, si è nuovamente scusato «con le persone perbene perquisite perché colpevoli di aver contribuito in modo onesto alla politica. Sono molto dispiaciuto che queste persone subiscano la gogna mediatica pur avendo seguito le regole con la massima trasparenza».
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