Promette di diventare una futura arma per combattere le malattie causate dalla degenerazione delle cellule nervose, come l’Alzheimer: il primo neurone artificiale in silicio risponde ai segnali del sistema nervoso e segna un passo in avanti verso la possibilità di riparare circuiti nervosi e ripristinare funzioni perdute. Descritto sulla rivista Nature Communications, è il frutto della ricerca coordinata da Alain Nogaret, del dipartimento di Fisica dell’università britannica di Bath, e condotta con l’università svizzera di Zurigo e quella neozelandese di Auckland. Fanno parte del gruppo di lavoro anche gli italiani Elisa Donati e Giacomo Indiveri, entrambi dell’Università di Zurigo.
Inseguiti da tempo, i primi neuroni in silicio sono un esempio della cosiddetta medicina bioelettronica, che con materiali artificiali imita circuiti e processi naturali. Le cellule nervose artificiali appena ottenute hanno come modello i neuroni di ratto, ma la strada è ormai aperta verso ulteriori sviluppi. “Progettare dispositivi del genere è stata un’autentica sfida”, rilevano i ricercatori. “Finora i neuroni sono stati delle scatole nere, ma ora sappiamo come guardare al loro interno. Il nostro lavoro – rileva Nogaret – cambia un paradigma perché fornisce una tecnica per riprodurre in dettaglio le proprietà elettriche dei neuroni”.
Il neurone su chip confrontato con una moneta (fonte: University of Bath)
Ad accelerare le possibili applicazioni per futuri dispositivi biomedici c’è poi il fatto che i neuroni artificiali consumano un miliardesimo dell’energia di un microprocessore”. I neuroni su chip riproducono i canali ionici, ossia le sequenze di proteine che si trovano sulla superficie delle cellule e che, come delle finestre, permettono il passaggio di sostanze dall’esterno all’interno delle cellule.
Nel caso dei neuroni artificiali, i canali ionici consentono la trasmissione dei segnali nervosi proprio come accade nei neuroni naturali. Sono due, al momento, le cellule nervose imitate sui chip di silicio: quelle che controllano sia la respirazione sia il ritmo del cuore, il cui malfunzionamento è all’origine di disturbi come l’aritmia, e quelle dell’ippocampo, la struttura del cervello nella quale si trova la centralina della memoria. Tra le possibili applicazioni, per Nogaret, sono all’orizzonte “pacemaker intelligenti” che utilizzando i neuroni per aiutare il cuore a battere con il ritmo giusto, oppure “il trattamento di malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer”.