Il presidente Donald Trump, alla vigilia del vertice Nato di Londra, ha messo in guardia l’Italia nel caso in cui decidesse di seguire la Francia sulla strada della digital tax sui big Usa del web, da Google a Facebook, passando per Amazon. Già in occasione dell’adesione di Roma al Memorandum con la Cina era giunto un altolà da oltreoceano
di Andrea Carli
Mattarella incontra Donald Trump alla Casa Bianca
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E due. Dopo gli altolà lanciati nei giorni in cui l’Italia – era a Palazzo Chigi il Conte uno, con M5S e Lega nel ruolo di azionisti di maggioranza dell’esecutivo – decideva di sottoscrivere, prima tra i paesi del G7, il Memorandum per l’adesione al mastodontico progetto infrastrutturale cinese della Nuova via della Seta targato Xi Jinping, nelle ultime ore è giunto dagli Stati Uniti l’ennesimo “warning”. Questa volta sotto la lente è finita la web tax, o almeno anche la prospettiva che l’Italia possa andare in quella direzione.
Trump minaccia dazi contro l’Italia sulla web tax
Il prelievo fiscale che la Francia ha introdotto e a cui stanno pensando anche Italia, Austria e Turchia potrebbe costare cara a questi Paesi, contro i quali gli Stati Uniti potrebbero imporre sanzioni pesantissime. La minaccia è giunta puntuale, alla vigilia del vertice Nato di Londra al quale partecipa anche il presidente Usa Trump, dall’Ufficio del rappresentante del commercio americano, al termine di un’indagine durata un mese sulla digital tax introdotta dalla Francia, che colpisce giganti del web come Facebook e Google. Secondo l’indagine, la web tax «discrimina le società statunitensi, è incoerente con i principi prevalenti della politica fiscale internazionale e rappresenta un onere insolitamente gravoso per le società colpite». Per questo, l’ufficio del rappresentante del commercio ha raccomandato dazi del 100% su alcune importazioni francesi, per un valore di 2,4 miliardi di dollari, tra cui borse, vini e formaggi, e l’apertura di indagini simili sulla web tax proposta da Italia, Austria e Turchia. La web tax approvata da Parigi a luglio prevede un’aliquota del 3% su ricavi superiori a 25 milioni di euro in Francia e a 750 milioni di euro nel mondo derivanti dai servizi digitali delle società del web.
I l caso Iran: Roma esentata in via temporanea dall’embargo
Se su Cina, in particolare per quanto riguarda il 5G e web tax gli Usa hanno mandato un messaggio chiaro all’alleato di sempre, un messaggio che nella sostanza esprime un “aut aut” – “o con gli Usa o contro gli Usa” – nel precedente delle sanzioni all’Iran l’Italia è stata in un primo tempo “salvata”. Ma solo in un primo tempo. Un anno fa, Roma è stata esentata dalle sanzioni Usa all’Iran. Roma, in compagnia di altri Paesi ( Cina, India, Corea del Sud, Turchia, Grecia, Giappone e Taiwan) ha potuto continuare a importare in via temporanea – per sei mesi – petrolio da Teheran. Le sanzioni sono state la conseguenza della decisione, annunciata dall’amministrazione Trump l’8 maggio dello scorso anno, sulla base del principio “America first”, di uscire dall’accordo sul nucleare (Joint Comprehensive Plan of Action, JCPOA), sottoscritto anche dagli Stati Uniti nel luglio 2015 (amministrazione Obama).
Per approfondire:
● Italia-Cina, i 29 accordi per (almeno) sette miliardi di euro
● Il Cdm debutta con il «golden power» sulle forniture 5G
https://www.ilsole24ore.com/art/dalla-cina-5g-web-tax-quando-usa-mettono-guardia-l-italia-ACTchy2