Oggi, dopo la vicenda Open, a chiedere una commissione d’inchiesta sui finanziamenti ai partiti per «scoprire fatti politicamente e moralmente rilevanti» è il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio.
Moro e la difesa della Dc: «Non ci faremo processare»
Ma Renzi ha riportato alla memoria nell’aula di Palazzo Madama anche l’intervento parlamentare di un altro ex presidente del Consiglio: Aldo Moro. L’11 marzo del 1977 il leader della Dc parla alla Camera sullo scandalo Lockheed, la vicenda delle tangenti da 2 milioni di dollari sulla vendita all’aeronautica militare italiana di 14 aerei Hercules C-130 che vede implicati, tra gli altri, l’ex ministro della Difesa Dc Luigi Gui. Il discorso a difesa di Gui – durato due ore e interrotto tre volte dal leader radicale Marco Pannella – si trasformò nella difesa dell’intera esperienza democristiana: «Onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze – scandì l’ex presidente del Consiglio -, vi diciamo che noi non ci faremo processare. Se avete un minimo di saggezza, della quale, talvolta, si sarebbe indotti a dubitare, vi diciamo fermamente di non sottovalutare la grande foza dell’opinione pubblica che, da più di tre decenni, trova nella democrazia cristiana la sua espressione e la sua difesa».
L’assoluzione di Gui
Concetto ribadito in un altro passaggio dell’intervento: «A chiunque voglia travolgere globalmente la nostra esperienza; a chiunque voglia fare un processo, morale e politico, da celebrare, come si è detto cinicamente, nelle piazze, noi rispondiamo con la più ferma reazione e con l’appello all’opinione pubblica che non ha riconosciuto in noi una colpa storica e non ha voluto che la nostra forza fosse diminuita. Non accettiamo di essere considerati dei corrotti, perché non è vero». Gui venne assolto nel processo davanti alla Corte costituzionale (il primo e unico nei confronti dei ministri che sia giunto sino alla fase dibattimentale) dopo il voto del Parlamento sulla messa in stato d’accusa proposta dalla Commissione parlamentare inquirente. Mario Tanassi, l’altro ex ministro della Difesa coinvolto, segretario del Psdi, venne invece condannato per corruzione a due anni e quattro mesi .
Le dimissioni di Leone
Ma la vicenda finì per riguardare anche il presidente della Repubblica Giovanni Leone che, dopo una dura campagna del settimanale L’Espresso e dei Radicali (che anni dopo gli chiederanno scusa) si dimise. «Non perché coinvolto ma per uno scandalo montato ad arte oggetto di che lo indicò come personaggio di primo piano nello scandalo» ha ricordato Renzi. Che, pensando evidentemente alla sua vicenda, ha aggiunto: «Per distruggere la reputazione di un uomo può bastare una copertina di un settimanale. Peraltro, i tempi cambiano ma il settimanale rimane… Per recuperare non ci si riesce facilmente». Nel discorso con cui annunciava le sue dimissioni il 15 giugno 1978 Leone scrisse: «Sono certo che la verità finirà per illuminare presente e passato e sconfessare un metodo che, se mettesse radici, diverrebbe strumento fin troppo comodo per determinare la sorte degli uomini e le vicende della politica».
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