Toni accesi nell’aula del Consiglio regionale durante la discussione sulle dimissioni del presidente della Regione, Antonio Fosson, degli assessori Laurent Viérin e Stefano Borrello, del consigliere Luca Bianchi, indagati per scambio elettorale politico mafioso nell’ambito di un’inchiesta della dda sul condizionamento delle elezioni regionali del 2018 da parte della ‘ndrangheta.
“Questo Governo – ha detto Stefano Aggravi (Lega Vda) – era iniziato con l’auspicio di inaugurare un nuovo percorso: possiamo dire che quel cammino è finito, e malamente. Personalmente sono entrato in quest’Aula con lo spirito del buon amministratore, in maggioranza come all’opposizione: oggi parlo come valdostano disperato, preoccupato e deluso”. Poi ha aggiunto: “È nostro dovere approvare il bilancio regionale, che è il cuore amministrativo di quest’Aula: ma come possiamo partire da quel progetto? Dobbiamo trovare una soluzione rapida per dare continuità amministrativa e istituzionale: chiedo alla maggioranza che tipo di disponibilità metterà in campo verso questo confronto. Torniamo quindi al voto, che non risolverà tutto perché nessun sistema è immune dalle infiltrazioni”.
Manuela Nasso (M5S) ha sostenuto che “non bisogna cercare un solo colpevole, che è quello che viene messo in prima pagina.
Altrettanto colpevoli sono quei cittadini che vendono il proprio voto, una libertà fondamentale e conquistata con fatica: occorre lavorare per recuperare il rispetto per le Istituzioni e per la democrazia, a ogni livello. Mi crea imbarazzo l’idea che i colleghi sapessero da settimane, se non mesi, di essere indagati: in queste condizioni come ha potuto il Presidente della Regione operare con serenità, rispondere alle interrogazioni, affrontare i lavori di quest’Aula anche sul tema della mafia? È un comportamento scorretto e inquietante”.
Anche Stefano Ferrero (Mouv’) ha invocato le urne: “La frequentazione dei politici con certi personaggi è inammissibile, inaccettabile, per una democrazia. Nessuno vuole crocifiggere nessuno, ma oggi si confrontano due visioni politiche contrapposte: una ha portato al disastro attuale, l’altra appartiene a persone che sono state derise per aver denunciato certi metodi. In Valle d’Aosta tutti sono i benvenuti, ma se qualcuno arriva per delinquere deve andarsene immediatamente, e non è una questione etnica. Le elezioni sono indispensabili, ma non risolveranno l’inquinamento della politica valdostana e del contagio ‘ndranghetista”.
Daria Pulz (Adu) “il voto di scambio è un atto di prostituzione, che può facilmente attecchire in politica se il politico non ha un rigore deontologico personale e il suo partito non lo supporta abbastanza. Ci sono comportamenti inopportuni da evitare e i politici non possono far finta di non conoscere certi ambienti, così come non bisogna farsi prendere dalla voglia di compiacere. Qui è una questione di libertà, che per me è un valore assoluto”.
Giovanni Barocco (Uv) ha posto l’accento “sulle dimissioni dei Consiglieri di maggioranza, un gesto che oggi appare scontato, ma che invece va messo in evidenza per il suo valore”. “L’onore delle armi – ha aggiunto – non lo concedo invece al Presidente Fosson e a lui rivolgo queste parole: non è così che si fa, torni a bordo, si assuma le sue responsabilità e affronti la situazione mettendoci politicamente la faccia. L’Uv non ha paura delle elezioni, ma prima mettiamo in sicurezza il bilancio: lo dobbiamo alla nostra comunità”.
“Non avremmo mai pensato che anche la Valle d’Aosta – ha dichiarato Pierluigi Marquis (Stella alpina) – potesse essere toccata da situazioni come questa, che spesso vediamo a livello nazionale. Sicuramente siamo di fronte a una fase embrionale, e le dimissioni dei nostri colleghi non sono scontate: è un gesto importante, che testimonia la volontà di salvaguardare l’istituzione e di permetterci di lavorare. Si è attivato quel ‘frullatore mediatico’ che sembra aver già concluso il processo ed espresso una condanna definitiva”.
Per Patrizia Morelli (Alliance valdotaine) “al di là dei sentimenti di amarezza, di sconcerto, vi è il dovere di affrontare la situazione con senso di responsabilità e con coerenza rispetto al mandato politico assunto. Ogni persona coinvolta avrà tempo e modo di difendersi nelle sedi competenti, ma oggi le istituzioni vanno protette perché il quadro che emerge è grave e certi metodi devono essere condannati e combattuti fermamente da parte di tutti”.
Infine Chiara Minelli (Rete civica): “La questione non è solo giudiziaria, è culturale e politica. Politica perché il sistema di regole e norme, di istituzioni e strutture pubbliche si scopre fragile in particolare per il sistema elettorale che permette ribaltoni e instabilità; culturale perché non possiamo rilevare che un certo modo di far politica, quello del ‘fine che giustifica i mezzi’ ha reso nebuloso il nostro operare agli occhi dei cittadini. Questa indagine è dunque un bene, un punto di svolta radicale e drammatico ma salutare, a patto di coglierne la responsabilità che ne deriva”.