Fabio Fazio, Renato Dulbecco e Laetitia Casta sul palco del Festival di Sanremo 1999
Pubblicato il: 08/01/2020 14:09
di Antonella Nesi
Non sono mai state solo canzonette. Fatta eccezione, forse, per gli esordi radiofonici. Per il resto, il festival di Sanremo, almeno dagli ’80 in poi, si è sempre caratterizzato come una ‘summa’ del costume e dell’attualità italiana ben oltre i confini canori e discografici. Il ‘caso’ di Rula Jebreal si inserisce in un filone preciso dell’evoluzione festival, quello dell’apertura della più grande vetrina musicale in tv ad altri settori dello scibile umano: non solo comici ma sportivi, scienziati, astronauti, operai hanno calcato il palco del Teatro Ariston. E queste contaminazioni sono state spesso accompagnate da polemiche o comunque dal fastidio dei ‘puristi’ della canzone.
Quello che ha sparigliato di più e in maniera più visibile la ‘messa cantata’ del festival è senz’altro Fabio Fazio che per la sua prima conduzione sanremese volle accanto, nel 1999, il premio Nobel per la Medicina Renato Dulbecco oltre che la modella e attrice Laetitia Casta. Non solo: sul palco Dulbecco incontrò un altro Nobel, Michail Gorbaciov. Nella stessa edizione Teo Teocoli si presentò in mutande per un’esilarante imitazione del sindaco di Milano, Gabriele Albertini.
Altro ospite decisamente ‘fuori sacco’ fu Mike Tyson, invitato nel 2005 a salire sul palco del Sanremo condotto da Paolo Bonolis, che si attirò un coro di polemiche per i problemi con la giustizia del pugile, condannato per stupro. Che fece tutt’altro che un mea culpa: “Non rispetto il sistema giuridico, c’è molto ancora da fare negli Usa. Dietro la mia condanna c’è stata una menzogna. Sono tante le persone condannate ingiustamente”. Poi però ebbe un momento di autocritica: “Sono un po’ un alchimista. Gli altri trasformano la cacca in oro. Io invece faccio l’inverso: trasformo i soldi in cacca”.
Tralasciando l’immenso repertorio degli interventi di attori comici con monologhi di satira politica, accompagnati spesso da feroci polemiche (da Roberto Benigni a Maurizio Crozza, includendo naturalmente Adriano Celentano), sono stati tanti i monologhi di stampo socio-politico portati sul palco in anni recenti: nel 2016, un insolitamente drammatico Nino Frassica, canta sul palco dell’Ariston il brano ‘A mare si gioca’, scritto da Tony Canto, in cui racconta il dramma dei migranti e del piccolo Aylan, il bambino siriano trovano morto sulla spiaggia turca di Bodrum; nella serata finale di Sanremo 2018, Pierfrancesco Favino commuove e si commuove recitando un brano da “La notte poco prima della foresta” di Bernard-Marie Koltès, storia di estraneità e di esclusione.
E se nel 1984 Pippo Baudo fece salire sul palco sei operai che protestavano (assieme a moltissimi colleghi fuori al Teatro Ariston) contro la chiusura dell’Italsider di Genova, nel 2014 Fazio invitò all’Ariston l’astronauta Luca Parmitano che raccontò della bellezza della terra vista dallo spazio. Insomma, Rula Jebreal e il suo monologo sull’attualissimo tema della violenza sulle donne, più che l’eccezione, rappresentano la regola del festival.
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