La prossima settimana parte il confronto con il sindacato. Il ministro dell’Economia, Gualtieri: vareremo decreto entro gennaio
di Claudio Tucci
(Armando Dadi / AGF)
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L’operazione “taglia-cuneo” a esclusivo vantaggio dei lavoratori entra nel vivo. Nella settimana che sta per entrare è prevista la convocazione ufficiale dei sindacati per discutere del decreto attuativo chiamato a dettagliare l’intervento, dopo che la legge di Bilancio ha messo sul piatto, quest’anno, tre miliardi di euro, che salgono a cinque miliardi nel 2021. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è intenzionato a fare presto: «Già questo mese dobbiamo varare il decreto che consente di allocare i tre miliardi di riduzione del cuneo fiscale per un primo sostegno ai redditi bassi e medio-bassi», ha detto il titolare di via XX Settembre.
La bozza di provvedimento
In attesa dei calcoli ufficiali della Ragioneria generale dello Stato, il governo, con le risorse a disposizione, si è impegnato, secondo primissime elaborazioni, a garantire, nel 2020, un incremento medio degli stipendi di circa 500 euro (quest’anno, infatti, come noto, il bonus parte da luglio, e vale, quindi, per soli sei mesi). Si sale a circa mille euro in più l’anno successivo, dove l’intervento invece parte da gennaio (e quindi interessa tutti e 12 i mesi).
Il meccanismo allo studio
Sarà il confronto con il sindacato a dettagliare, con precisione, l’intera operazione. Secondo le prime anticipazioni, l’intervento allo studio dovrebbe riguardare i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro annui, si sostanzierebbe in una rimodulazione degli 80 euro introdotti dal governo Renzi, e il meccanismo utilizzato dovrebbe essere quello della detrazione fiscale. Perderebbe quota il credito d’imposta. Chi già oggi percepisce gli 80 euro (vale a dire 9,4 milioni di lavoratori), manterrebbe questa somma, sotto forma però di detrazione. Inoltre, sempre con le risorse aggiuntive, gli si garantirebbe, in più, tra i 20 e i 30 euro. La vera novità dell’operazione “taglia-cuneo” riguarda i circa 4,5 milioni di lavoratori che guadagnano tra i 26.600 euro e i 35mila. A costoro, infatti, verranno estesi, totalmente o parzialmente, gli 80 euro, sempre sotto forma di detrazione, visto che oggi non li percepiscono.
I nodi ancora da sciogliere
L’intervento, tuttavia, ha ancora diversi nodi da sciogliere; di qui, anche, l’impegno del governo ad aprire, già nei prossimi giorni, il faccia a faccia con il sindacato. Intanto, dall’operazione resterebbero esclusi gli incapienti. Vale a dire le circa 4 milioni di persone che dichiarano fino a 8mila euro l’anno. Per il bonus Renzi questa soglia è stata fissata in 8.200 euro. Una fetta della maggioranza vorrebbe ricomprenderli. Per costoro, tuttavia, sono già operative una serie di agevolazioni, compreso il reddito di cittadinanza che intercetta una fetta della cosiddetta “no tax area”. Un eventuale loro ingresso nell’operazione, ripetono fonti del governo, comporterebbe, gioco forza, una ri-discussione della misura bandiera del M5S per evitare sovrapposizioni di strumenti, e soprattutto disparità di trattamenti.
Le difficoltà per i redditi fino a circa 15mila euro
L’altro principale nodo sul tavolo riguarda i redditi subito dopo gli 8.200 euro e fino a circa 15mila euro. Per costoro, la trasformazione del bonus Renzi in detrazione sarebbe molto complessa, visto che questi soggetti, almeno una fetta, già godono di altre detrazioni, e quindi il gioco di queste misure li renderebbe “incapienti”, azzerando l’imposizione. Al momento, per loro, la strada potrebbe essere il mantenimento degli 80 euro come bonus.