Scoperte nella Via Lattea le cicatrici lasciate da un’antica collisione con un’altra galassia, chiamata Gaia-Encelado. Si trovano ancora su una stella che è stata testimone della catastrofe cosmica ed è stato possibile vederle combinando i dati rilevati dai telescopi spaziali Tess, della Nasa, e Gaia, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, il risultato è stato ottenuto dal gruppo dell’università britannica di Birmingham guidato da William Chaplin e grazie all’importante contributo italiano dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
I ricercatori hanno individuato le tracce della collisione studiando la stella Nu Indi, nella costellazione dell’Indiano. I dati di Gaia indicano che la stella ha un’orbita diversa da quella di altre stelle: è molto elongata e questo “ci dice che è stata influenzata dalla collisione di Gaia-Encelado con la Via Lattea”, ha detto all’ANSA Enrico Corsaro, dell’Osservatorio di Catania dell’Inaf.
Questo indica che la collisione deve essere avvenuta in un periodo nel quale la stella si era già formata e, poiché la sua età è stimata in 11 miliardi di anni, l’impatto deve essere avvenuto poco tempo prima. Di ricostruire l’età di Nu Indi si sono occupati i ricercatori italiani utilizzando l’astrosismologia, ossia la disciplina che studia gli ‘stellamoti’ che scuotono le stelle come i terremoti fanno vibrare la Terra.
Dall’analisi delle onde sismiche che si propagano nella stella, ha rilevato Corsaro, “possiamo ricavare molte informazioni utili sulla sua struttura interna”. Quest’ultima si modifica nel tempo ed è stata quindi fondamentale per calcolare esattamente l’età della stella.
Secondo Maria Pia Di Mauro, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf (Iaps-Inaf), “lo studio mostra le potenzialità dell’astrosismologia anche per tracciare i momenti che hanno caratterizzato la storia e la formazione della nostra galassia”. Allo studio hanno partecipato anche gli italiani Andrea Miglio, del’università di Birmingham e dell’Inaf, Fiorenzo Vincenzo dell’università di Birmingham, Thaíse Rodrigues dell’Osservatorio di Padova dell’Inaf, Diego Bossini dell’università portoghese di Porto.