© Derek MF Di Fabio / Ph. Floriana Giacinti | Derek MF Di Fabio, Headrest, 2017
Per il primo appuntamento del ciclo 2020 delle Project Room, curate da Eva Fabbris, la Fondazione presenta una mostra collettiva di Nevine Mamhoud e Margherita Raso, in un display di Derek MF Di Fabio.
Nevine Mahmoud (Londra, 1988. Vive e lavora a Las Angeles) e Margherita Raso (Lecco, 1991. Vive e lavora tra New York e Milano) radicano entrambe la loro pratica in un corpo a corpo con materiali e tecniche: marmo, alabastro e vetro soffiato per l’una, lavori a telaio meccanico o manuale per l’altra.
Il risultato formale consiste per Mahmoud in oggetti a sé stanti, rappresentazioni spiccatamente sensuali di pezzi corpi, o elementi naturali che si presentano come forme “chiuse”, mondi scultorei auto-riferiti. l tessuti di Raso si danno invece come opere che non hanno una forma prefissata e stabile. Sono delle superfici di grande qualità tattile e visiva che occupano gli spazi pendendo dal soffitto, aggrappandosi alle pareti, appoggiandosi su superfici trovate…
Entrambe partono dal corpo, dall’evocazione della sua forma che si risolve in una qualità formale, quasi marginale rispetto a quanto è importante la natura materiale delle loro opere.
l motivi di Raso emergono dall’intreccio dei fili tessuti a telaio Jaquard e sono a malapena riconoscibili, mimetizzati da decor tessile: su ciascun drappo si compone una miriade di silhouette di corpi, ripetuti e sovrapposti in un pattern veloce che potrebbe ricordare anche dei movimenti di animazione da cartoon, o dei brevi tratti cronofotografici. Ma l’impatto materico del tessuto, con le sue cromie, il gioco opaco-lucido, il contraddittorio senso di peso panneggiato e dell’impermanenza della forma, precede e sovrasta la riconoscibilità di questo soggetto.
Mahmoud segue una traiettoria più surrealisteggiante, traducendo brani di corpo femminile e frutti ammiccanti nel più polito dei marmi o in vetri soffiati vagamente decadenti. In un continuo gioco di superfici, che coinvolge anche i supporti – di volta in volta le sculture poggiano su basi opache o trasparenti, colorate e lineari, le sue sculture giocano una doppia carta di seduzione: la sensualità del soggetto (una lingua, un seno, delle enormi ciliegie) è esaltata e contraddetta dalla fredda e composta tattilità di marmi e vetri.
Il confronto tra le due artiste si sintetizza grazie all’intervento di un terzo artista: Derek MF Di Fabio (Milano, 1987. Vive e lavora tra Perdaxius e Berlino). Il lavoro di Di Fabio spesso consiste in workshop, il cui risultato finale è di relativa importanza oggettuale. La sua attenzione poetica è spostata sulle situazioni, su come si possano ascoltare e interpretare.