Curata dal comitato scientifico della Fondazione Palazzo Magnani – composto da Marina Dacci, Marzia Faietti, James Bradburne, Vanni Codeluppi, Walter Guadagnini, Gerhard Wolf – sotto la direzione artistica di Walter Guadagnini, Fotografia Europea 2020 ruoterà attorno al tema “FANTASIE. Narrazioni, regole, invenzioni”.
FANTASIE. Narrazioni, regole, invenzioni
“Tre cose mi faranno ricordare quella settimana come una delle più belle della mia vita. La prima è che il manifesto fatto affiggere per l’occasione dal comune annunciava in tutte lettere Incontri con la Fantastica (*) e io potei leggere sui muri stupefatti della città quella parola che mi faceva compagnia da trentaquattro anni”: lasciando all’immaginazione dei lettori l’individuazione degli altri due fatti che nel giugno del 1972 resero così felice Gianni Rodari, piace sottolineare come a quasi cinquant’anni di distanza la parola “Fantasia” diventi la traccia portante della quindicesima edizione di “Fotografia Europea”, e torni dunque a invadere le strade e le piazze di Reggio Emilia. Grammatica della fantasia, si intitola il libro nato da quell’esperienza, ed è curioso notare come pochi anni dopo un altro genio creativo italiano, Bruno Munari, dedicasse allo stesso tema un non meno interessante volume, maggiormente concentrato sul versante visivo, che si apriva su queste parole: “La fantasia è la facoltà più libera delle altre, essa infatti può anche non tener conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile. L’invenzione usa la stessa tecnica della fantasia, cioè la relazione fra ciò che si conosce, ma finalizzandola a un uso pratico”. Erano anni di utopie e di straordinari cambiamenti sociali, e non a caso la fantasia e i termini ad essa vicini godevano di una grandissima fortuna (uno degli slogan più celebri del ’68 è non a caso “L’imagination au pouvoir”). Ma anche oggi, in un contesto assai diverso, ha senso ragionare sul portato e sulle possibilità della fantasia come motore creativo, anche a partire dall’immagine fotografica, da sempre collegata istintivamente alla riproduzione fedele, realista della realtà, e invece capace delle più sfrenate fantasie, come insegna tutta la sua storia, e quella recente in particolare.
D’altra parte, la fotografia nasce sì in pieno positivismo, ma sempre accompagnata da un alone di magia (l’apparizione di un’immagine dal nulla nella camera oscura è percepita spesso come operazione alchemica), ed è comunque figlia anche di quella cultura romantica che aveva dato vita ai quadri e ai pensieri visionari dei cosiddetti “pittori dell’immaginario”. Come scriveva Caspar David Friedrich, “Chiudi il tuo occhio fisico così da vedere l’immagine principalmente con l’occhio dello spirito. Poi porta alla luce quanto hai visto nell’oscurità, affinché si rifletta sugli altri, dall’interno verso l’esterno.” È in questo giro d’anni che s’afferma l’idea di una centralità del fantastico all’interno del processo creativo, come dimostra anche la diffusione di una letteratura di genere che, oltre ad avere dato vita a capolavori assoluti della narrativa mondiale – i racconti di E.T.A.Hoffman, di Theophile Gautier, di E.A.Poe, tra i tanti – è servita “a mettere in discussione i rapporti che si costituiscono, in ogni epoca storica, fra paradigma di realtà, linguaggio e le nostre strategie di rappresentazione”, come ha scritto Remo Ceserani. Una remise en question che è tra le caratteristiche primarie della fotografia e che non a caso giungerà poi alla sua manifestazione estrema nel surrealismo (alla cui origine contribuì la conturbante e trasgressiva fantasia di Lautreamont, capace di immaginare “l’incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da cucire e un ombrello”), movimento all’interno del quale la fotografia assume un ruolo centrale proprio per la sua capacità di far dialogare i diversi livelli, cognitivi e interpretativi, della realtà e del sogno.
Fantasia, dunque, come capacità di porre in relazione, che ha le sue tecniche, la sua grammatica, e dunque le sue regole (e la trasgressione che ne consegue) : in questa vicenda infatti non meno necessario e centrale è “il rigore dell’immaginazione”, che riesce a porre in equilibrio la libertà della fantasia con la necessità della norma, dell’ordine, perché, prendendo a prestito le parole di Fausto Melotti, “Tenuta al laccio si rivolta e ti morde; lasciata libera va a perdersi nel bosco, nelle nubi, e non la ritrovi più. Una volta addomesticata, però, la fantasia ti porta signorilmente a spasso”. Sono le regole a rendere comunicabile ciò che la fantasia elabora, che ne permettono, la trasformazione in discorso e, infine in narrazione. Come scrive Micahel Bader nel suo fondamentale volume sulle fantasie sessuali, “di solito, quando pensiamo a una fantasia, tendiamo a pensare a una storia”: a partire da quella storia, e da quelle storie, nell’individuo e nella società si costruiscono mondi nuovi, e con essi nuove immagini, sorprendenti, inimmaginate sino a quel momento.
(*) Il riferimento è ad una frase fondativa del poeta romantico Novalis, “Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”.