(ANSA) – PESCARA, 10 FEB – “Nulla può giustificare la morte di molte migliaia di nostri connazionali, né le deportazioni o la cacciata dalla propria casa. Allo stesso modo, tuttavia, nulla deve poter impedire a uno storico di fare il proprio dovere, spiegando i fatti e rispondendo a tutte le domande che vanno doverosamente poste, sempre: di cosa stiamo parlando? Quando e dove si svolsero i fatti? Chi furono i responsabili? Perché? Il tutto con una ricognizione severa ed equilibrata delle fonti (negli archivi ci siamo andati senza aspettare inviti, voglio rassicurare tutti). Se qualche eminente rappresentante istituzionale, a Roma come a Isernia, avesse dedicato una piccola porzione del proprio tempo a leggerli i libri, piuttosto che a criticarli per partito preso, forse si sarebbe accorto che è proprio a quelle domande che la storiografia ha risposto e risponde, senza rimozioni o sofisticazioni di giornata”. E’ quanto afferma all’ANSA Giovanni Cerchia, titolare della cattedra di Storia contemporanea, presso il corso di laurea in Scienze politiche all’università del Molise.
“Esiste un’enorme bibliografia alla quale si può facilmente accedere, dotata anche di una certa pluralità d’approcci.
Peraltro, è davvero singolare che si taccia di riduzionismo chiunque non si accontenti degli slogan o delle semplificazioni utili soltanto per distorto uso politico della storia – prosegue Cerchia – Quando spiego ai miei studenti che lo stragismo nazista nel Mezzogiorno fosse largamente dovuto a ragioni di carattere militare e alla situazione d’emergenza che le divisioni afferenti al XIV Corpo d’Armata corazzato della Wehrmacht si trovarono ad affrontare dopo lo sbarco degli Alleati, sto forse giustificando i massacri? O sto cercando di spiegare perché vennero introdotti una sistema di ordini draconiani e, soprattutto, una direttiva per la lotte alle bande (esplicitamente stragista) sperimentata prima d’allora soltanto nella guerra contro l’Urss? E perché non dovrebbe essere la stessa cosa quando, oltre a rimarcare le responsabilità della IV Armata titina e dell’Ozna, si ricorda come la ferocia della guerra fascista nei Balcani preparasse il clima di sangue che si articolava, poi, in ben due diverse ondate di vendetta contro gli italiani (nel settembre del 1943 e nel maggio-giugno 1945)? Il problema vero è che una cosa è la storia, un’altra è la propaganda”.(ANSA).