Tadashi Kawamata, Nests in Milan, disegno preparatorio / preliminar sketch
Costo del biglietto: Ingresso libero previa registrazione, fino ad esaurimento posti
Kawamata si afferma molto giovane sulla scena artistica giapponese e internazionale. A 28 anni, dopo essersi laureato all’Università di Belle Arti di Tokyo, viene invitato al padiglione giapponese della Biennale di Venezia del 1982. Da allora partecipa alla realizzazione di progetti site specific in tutto il mondo. La sua opera, realizzata principalmente con l’uso del legno, implica una riflessione sul contesto sociale e le relazioni umane.
Le sfide urbanistiche sono all’origine del suo lavoro. I cantieri in costruzione o quelli in demolizione, le aree non edificate che restano nello spazio urbano sono al centro dell’interesse di Kawamata che, nella realizzazione dei suoi progetti, utilizza i materiali presenti sul sito “riciclandoli”. Così a Kassel, nel 1987, in occasione di documenta VIII, l’artista restituisce all’attenzione degli abitanti una chiesa in rovina, distrutta durante la seconda guerra mondiale e trascurata nella ricostruzione della città.
Oltrepassando i limiti dei luoghi chiusi e delimitati, gli interventi che Kawamata ha ideato appositamente per Milano, mireranno non tanto a coinvolgere un singolo edificio ma ad allargare la sua area di intervento in modo da inglobare una porzione del tessuto urbano della città. Si tratta in questo caso di stabili che, nell’ambito della storia di Milano, racchiudono un particolare valore civile e culturale e che attraverso le installazioni di Kawamata saranno posti a un delicato e nello stesso tempo spettacolare processo di trasformazione. Appropriandosi delle facciate o degli spazi interni o dei balconi o dei tetti, tramite una serie di costruzioni ottenute con l’intreccio di assi di legno che vanno a formare un’inestricabile griglia, ad un tempo leggera ma dalla solida struttura, Kawamata ci condurrà a una diversa lettura e interpretazione del loro aspetto e significato.
Ad accomunare tutti i quattro interventi sarà la scelta di un unico tema, quello del nido, soggetto ricorrente delle diverse installazioni. Un tema dal forte carattere simbolico che Kawamata ha cominciato ad indagare a partire dal 1998 quando le sue costruzioni lignee, che spesso in passato avevano forme astratte, si sono visualmente avvicinate a raffigurare dapprincipio una baracca e a seguire un nido. Installato nei punti più disparati: sul palo della luce a Bonn (2007), sulla facciata del Centre Georges Pompidou a Parigi (2010) e sulla facciata di Palazzo Strozzi a Firenze (2013), questa figura, la cui funzione primaria è di fornire un rifugio per i volatili appena nati, rimanda alla necessità universale di costruire, sia nel mondo animale che in quello umano, un luogo in cui trovare riparo. Tale struttura veicola una sensazione positiva e rassicurante, che si rafforza nel momento in cui la sua forma, assemblata con elementi naturali come il legno, è messa a confronto con la ben più complessa costruzione architettonica su cui viene posta e risultato di una serie di sovrapposizioni sociali e culturali. Le forme dei nidi di Kawamata ci riportano ai valori e alle necessità primarie; ci spingono a riconfigurare mentalmente lo scenario architettonico che ci circonda e a ripensare il nostro rapporto con lo spazio che quotidianamente viviamo.
Privati di ogni sovrastruttura ideologica e ridotti al loro significato essenziale, senza per questo diventare esperimenti sociologici, i nidi di Kawamata, a metà tra l’apparire il frutto di un casuale assemblaggio e l’essere il risultato di una preordinata costruzione, rimangono in realtà fortemente legati al linguaggio artistico. Il loro aspetto è elegante e delicato e rimanda ad una sofisticata concettualità, le cui origini sono da individuarsi nella visione di una realtà in continuo movimento, transitoria, fluttuante e soggetta al passare del tempo. Un modo di concepire la vita che ha la sua fonte primaria nella cultura giapponese di cui Kawamata rappresenta una delle figure più interessanti. Non è un caso che quasi sempre le opere dell’artista (e così accadrà anche a Milano), una volta finita la mostra, saranno smontate e gli elementi del legno con cui sono state costruite saranno utilizzati per un diverso scopo. In questa ottica è il tempo, inteso come indicatore della grandezza o del declino di un monumento o di un sito, l’elemento chiave nella sua attività. Gli interventi di Kawamata creano dei ponti tra il passato e il presente rivelando la componente affettiva e invisibile delle cose, ma anche la loro realtà materiale. La condivisione del lavoro con assistenti, studenti, artigiani, volontari e cittadini comuni, nelle varie fasi costruttive dell’opera e la riflessione sulla vita comunitaria che anima e fonda ogni progetto, favoriscono il risveglio di questa memoria.
Tadashi Kawamata terrà – il 14 febbraio 2020 – un workshop aperto al pubblico presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nella Sala della Passione della Pinacoteca di Brera, dalle ore 14 alle ore 16. Tale workshop rappresenterà l’occasione per un primo momento di incontro con alcuni studenti del biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali e del corso di Scultura dell’Accademia. Saranno loro che in seguito collaboreranno alla fase di realizzazione delle installazioni site specific che l’artista presenterà ad aprile a Milano. Lo svolgimento della mostra sarà accompagnato da un calendario di lectures e seminari di approfondimento scientifico in presenza dell’artista e della curatrice.
Il catalogo, edito da BUILDING, comprenderà testi di Antonella Soldaini, curatrice della mostra, Emilia Giorgi storica dell’architettura, e un’intervista inedita realizzata in occasione della mostra dalla curatrice all’artista.
Tadashi Kawamata è nato nel 1953 sull’isola di Hokkaido. Ha esposto nei maggiori musei internazionali in Giappone, Europa e America tra cui la Serpentine Gallery a Londra, la Kunsthalle, Recklinghausen e il Meguro Museum of Art a Tokyo. Ha partecipato alla 40° Biennale di Venezia, ed è stato invitato a documenta VIII e documenta IX. Attualmente vive e lavora tra Tokyo e Parigi. Professore all’Università di Belle Arti di Tokyo dal 1999 al 2005, insegna all’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parigi. Nel 2005 è stato nominato direttore artistico della seconda Triennale di Yokohama in Giappone. I suoi progetti recenti lo hanno portato in Francia per partecipare al percorso artistico ESTUAIRE Nantes a Saint-Nazaire, alla prima Biennale di Bordeaux, e in Giappone per una retrospettiva personale al museo di arte contemporanea di Tokyo. Tra le mostre recenti si ricordano le personali nel 2013 a Palazzo Strozzi a Firenze, al Centre Pompidou Metz in Francia nel 2016, al Pushkin Museum a Mosca nel 2018 e al MAAT Museum of Art Architecture and Technology di Lisbona nel 2019.
Inaugurazione: martedì 14 aprile 2020, ore 18