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Nella seduta di mercoledì, l’assemblea di Montecitorio ha discusso un caso più unico che raro. Un caso che i costituzionalisti di una volta avrebbero definito elegante. Senza peraltro giungere per il momento a una soluzione. Ma procediamo con ordine. Il regolamento della Camera stabilisce che «è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera». Ma il deputato della Lega Guido Guidesi è impossibilitato a esercitare un diritto-dovere prescritto dalla disposizione regolamentare. E a Palazzo Madama il senatore leghista Luigi Augussori si trova nelle stesse condizioni. La causa di forza maggiore è tutt’affatto particolare. È il governo, che ha adottato il decreto legge 23 febbraio 2020 n. 6, a dire che il predetto rappresentante del popolo non può esercitare il suo mandato perché residente in una zona rossa della Lombardia.
Il decreto legge in questione prevede infatti il divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune e nell’area. Stabilisce l’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva. E aggiunge che «salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale». Con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro.
In attesa che la Giunta per il regolamento di Montecitorio dica la sua su questo caso inedito, il presidente della Camera Roberto Fico ha pensato bene di mettere in missione il deputato della Lega per giustificarne l’assenza. Una soluzione tampone ragionevole, che però ha il torto di stiracchiare la disposizione regolamentare secondo la quale sono in missione unicamente i deputati che sono impegnati per incarico avuto dalla Camera fuori della sua sede. E poi – oh gran bontà dei cavalieri antiqui, per dirla con l’Ariosto – il capogruppo del Pd Graziano Delrio ha fatto il beau geste di non partecipare alle votazioni dell’assemblea fintantoché il deputato Guidesi non sarà in grado di tornare a Montecitorio. Un bel gesto tanto più apprezzabile perché da noi maggioranza e opposizioni non si guardano negli occhi. No, si guardano spesso e volentieri nelle rispettive carotidi. Un bel gesto che ci porta dritti dritti sulle rive del Tamigi. Visto e considerato che il cosiddetto pairing è una peculiarità della Camera dei comuni.
A questo punto, un interrogativo è legittimo. Siamo proprio sicuri che il decreto legge, cioè un atto legislativo provvisorio del governo, possa menomare sia pure temporaneamente i diritti di un parlamentare? Certo, l’onorevole Guidesi può nel frattempo presentare proposte di legge, interrogazioni, interpellanze, eccetera. Ma non può prendere la parola e non può esercitare il diritto di voto. Certo, come ha notato Roberto Righi sul “Dubbio”, salus rei publicae suprema lex esto. Ma, una volta accertato clinicamente il buono stato di salute e acquisita la certezza che non sia portatore sano di contagio, il deputato al più presto potrà tornare a esercitare in pieno il mandato senza limitazioni di sorta. Difatti l’articolo 68 della Costituzione stabilisce, sia pure a tutt’altro fine, che senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza nessun membro del Parlamento «può essere privato della libertà personale».
Qualora poi l’impedimento si dovesse protrarre, il deputato potrebbe sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra lui, legittimato dall’ordinanza della Consulta n. 17 del 2019, e il governo, che ha adottato il decreto, il presidente della Repubblica, che lo ha emanato, e la Camera dei deputati, che si accinge a convertirlo in legge. Un caso estremo che ci auguriamo resti un caso di scuola.
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