«Si deve dare la possibilità che ci sia campagna informativa dovunque, anche nelle zone rosse», dice il ministro Federico D’Incà. I promotori chiedono di essere ascoltati
di Nicola Barone
Allo stato nessuno spostamento in avanti di data per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. «Ma questa è la settimana per decidere se confermarlo o spostarlo a maggio insieme alle Regionali». Così il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà intervistato a Skytg24 Start. Entro giovedì si capirà se non ci si muove dal 29 marzo. «Certo si deve dare la possibilità che ci sia campagna informativa dovunque, anche nelle zone rosse. È una valutazione da fare nei prossimi
giorni ma certo è un grande passaggio di riforma istituzionale», commenta il ministro.
I numeri della riduzione
Diversamente dei referendum abrogativi, per la validità della consultazione non serve che si rechi alle urne la metà più uno degli elettori aventi diritto. Infatti basta la maggioranza dei voti validi. Con le modifiche introdotte su impulso prioritariamente dei Cinque Stelle i deputati passano a essere da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. In entrambe le Camere tutte le circoscrizioni assisteranno a una sensibile riduzione dei rappresentanti, talora
Fondazione Einaudi: sul rinvio il governo ci consulti
La Fondazione Einaudi «è stata estremamente corretta e lineare nel non chiedere alcuno slittamento e nell’esplicitare che, nell’eventualità il governo decida diversamente, vi sarebbe l’obbligo politico, morale e istituzionale di consultare i promotori». In questo senso è stata inviata alcuni giorni fa una nota al presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio del ministri. «Qualora il governo dovesse decidere senza alcuna
preventiva consultazione lo riterremmo un grave sgarbo». Nel merito, «qualora il rinvio dovesse comportare l’accorpamento del referendum alle elezioni regionali, come da nota del ministro D’Incà, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme
democratiche». Per i promotori «al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla TV pubblica, si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto nell’agone della battaglia tra i partiti».
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