Scoperti i ‘cassetti’ della memoria che conservano le esperienze: sono particolari neuroni dell’ippocampo in cui vengono immagazzinate le rappresentazioni astratte di certe nostre azioni, come leggere il menù di un ristorante, ordinare un piatto o pagare il conto. Ogni volta che riviviamo queste situazioni anche in un contesto del tutto diverso (come ad esempio un nuovo locale), queste cellule nervose si riaccendono per aiutarci ad affrontare la nuova circostanza. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit).
“Quando ci imbattiamo in una novità ci sono stimoli insoliti e importanti, ma in un certo senso sappiamo già un pochino di quell’esperienza, perché è simile a qualcosa che abbiamo già vissuto”, spiega il coordinatore dello studio Susumu Tonegawa, premio Nobel a capo del Riken-Mit Center of Neural Circuit Genetics di Cambridge. Il suo gruppo di ricerca ha osservato l’attività cerebrale di alcuni topi di laboratorio impegnati a correre all’interno di labirinti e ricompensati dopo ogni quarto giro.
Dai dati raccolti è emerso che nel cervello ci sono neuroni specifici che si accendono durante il primo giro, altri nel secondo, altri nel terzo e altri ancora nel quarto, indipendentemente dal fatto che il labirinto abbia forma tonda o quadrata, o che il giro sia più o meno lungo. Si tratta dunque di neuroni che codificano i singoli eventi che compongono l’esperienza e non il luogo in cui avvengono. La stessa cosa potrebbe accadere nel cervello umano, con specifici neuroni che si accendono per esempio quando ceniamo, indipendentemente dal ristorante in cui ci troviamo o dal cibo che mangiamo.