Girandola di riunioni per definire il valore delle misure e del deficit da indicare al consiglio dei ministri di lunedì. Sulla liquidità 5 miliardi al fondo Pmi e 25 per le garanzie Sace. In agenda oggi l’incontro Gualtieri-enti territoriali. Sul tavolo 5 miliardi ma i sindaci temono perdite maggiori
di Marco Rogari e Gianni Trovati
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La macchina del decreto Aprile entra nel vivo e il contatore delle misure anticrisi continua a salire, con una pressione che lo porta a puntare verso quota 70 miliardi. Giovedì al Mef la giornata è stata scandita da riunioni tecniche e politiche a tutto campo. E venerdì l’agenda del ministro dell’Economia Gualtieri si è arricchita anche di una videoconferenza con gli amministratori locali in battaglia su un doppio fronte: le Regioni, soprattutto al Sud, non vogliono immolare sull’altare generale dell’emergenza i “loro” fondi Ue non spesi, mentre i sindaci reclamano aiuti sostanziosi per le loro casse in difficoltà.
L’obiettivo irrinunciabile è quello di chiudere il menù di massima entro lunedì mattina, quando il consiglio dei ministri convocato per le 10 dovrà decidere la cifra del nuovo deficit aggiuntivo. Da far votare mercoledì al Senato e venerdì alla Camera, in un calendario per ora sfalsato dai lavori sul «Cura Italia» a Montecitorio.
La spinta a salire è generalizzata, in un confronto continuo con il Tesoro, che deve calibrare le esigenze dell’emergenza con quella di garantire una navigazione il meno possibile accidentata alla raccolta di risorse sui mercati. Uno sforzo, questo, in cui via XX Settembre prova a coinvolgere, volontariamente, anche gli italiani, con il prossimo Btp Italia e poi con i nuovi strumenti che saranno tagliati su misura dei piccoli investitori. Per il momento l’Italia dovrà infatti «fare da sola», perché le misure europee che saranno al centro del Consiglio Ue di giovedì prossimo potranno intervenire solo più tardi. Ma è evidente che uno sforzo del genere mentre il Pil crolla facendo impennare deficit e debito rende ancora più acrobatica l’ipotesi di rinunciare ex ante ai finanziamenti del Mes riveduto e corretto dalla preintesa all’Eurogruppo.
Il lievito più potente sui saldi del decreto è rappresentato dagli ammortizzatori sociali e dalle altre forme di sostegno al reddito per aiutare le tante categorie in difficoltà nell’Italia bloccata dalla crisi. La Cassa integrazione resa quasi generalizzata dal decreto Marzo e la proroga della Naspi hanno bisogno di 15 miliardi.
Ma nel capitolo trova posto anche la replica dell’una tantum per gli autonomi, che nelle intenzioni più volte ribadite dal governo crescerà da 600 a 800 euro, e l’estensione delle tutele a colf, badanti, stagionali e lavoratori discontinui, nata per coprire i buchi lasciati dal decreto Marzo e ribattezzata «reddito di emergenza».