Rinviata ancora l’elezione del capo politico. Ma alla Camera in 2 lasciano per il Misto, in 7 votano l’ordine del giorno di Fdi contro il Fondo Salva-Stati
di Manuela Perrone
4′ di lettura
L’esito del Consiglio europeo del 23 aprile rinvia di qualche settimana la resa dei conti tra i Cinque Stelle e nella maggioranza. Un tempo considerato prezioso dal premier Giuseppe Conte per incassare una proposta soddisfacente della Commissione sul Recovery Fund e portare in Parlamento il pacchetto completo anti-crisi (Fondo per la ripresa, Bei, Sure e Mes). Senza chiedere un voto sul solo Meccanismo europeo di stabilità, che rischia di spaccare il Movimento e mettere in pericolo il Governo. Ma il M5S trema lo stesso, squassato dalle lotte intestine: in sette alla Camera hanno votato a favore di un ordine del giorno di Giorgia Meloni contro il Salva-Stati.
Il nuovo endorsement di Grillo a Conte
Per capire che aria tira tra i pentastellati basta pensare che in questi due mesi di epidemia, Beppe Grillo era intervenuto una sola volta, per rilanciare la sua storica proposta di un reddito di base universale. Ma a poche ore dalla conclusione dell’eurosummit si è rifatto vivo con un tweet: «Forse l’Europa comincia a diventare una Comunità. “Giuseppi” sta aprendo la strada a qualcosa di nuovo. Continuiamo così!». È l’ennesimo endorsement al capo del Governo M5S-Pd che Grillo ha contribuito a far nascere, ma è soprattutto un tentativo di blindare Conte mettendo a tacere i mal di pancia nel Movimento.
Stop agli stati generali
Va nella stessa direzione la decisione del Comitato di garanzia del M5S, comunicata stamattina sul Blog delle Stelle proprio dopo un consulto con Grillo, di rinviare l’elezione del capo politico a quando si supererà l’emergenza Covid e «necessariamente entro la fine dell’anno», quando la situazione si sarà «normalizzata». È uno stop alla fronda capitanata da Alessandro Di Battista che per bocca dell’ex ministra Barbara Lezzi aveva sollecitato la fissazione degli stati generali e tramite l’europarlamentare Ignazio Corrao aveva contestato la reggenza di Vito Crimi, accusandolo di essere «abusivo». Spostare in avanti la scelta del nuovo vertice, secondo lo stato maggiore del Movimento, aiuta a contenere gli scossoni.
La nuova emorragia di parlamentari
Basterà a spegnere i focolai di incendio? Tra la sera del 23 aprile e il 24 due deputati hanno lasciato il Movimento, Antonio Zennaro e Fabiola Bologna. Ma per passare al Misto e continuare a sostenere il Governo. Sono addii contro il Movimento, non contro Conte. E si teme che l’emorragia possa continuare, in tutte le direzioni. Sorvegliato speciale non è tanto Montecitorio, dove i numeri della maggioranza sono ampi. Gli occhi sono puntati sul Senato, dove invece i margini sono esili. E dove i “responsabili” di Forza Italia potrebbero entrare in azione se servirà un soccorso. Altra incognita foriera di malumori.
Sul Mes è tregua armata
Subito dopo il Consiglio Ue, Ignazio Corrao, uno degli europarlamentari più vicini ad Alessandro Di Battista che hanno votato, in dissenso dal gruppo, contro la risoluzione della maggioranza a Strasburgo che chiedeva i recovery bond e che per questo sono stati raggiunti da una lettera di avvertimento dei probiviri, sembra aver parzialmente corretto il tiro rispetto alla profezia di qualche giorno fa («Se l’Italia lo attiva il Governo cade»). In un post Corrao riconosce che «le diplomazie hanno fatto passi avanti sullo strumento di debito comune» e che Conte «il suo lo ha fatto e può uscire soddisfatto dal meeting». Ma soprattutto, a proposito del Fondo Salva-Stati, che con Sure e Bei rappresenta una dote immediata di «circa 500 miliardi», pur dicendosi convinto che «purtroppo resta in campo con le sue condizionalità», si limita all’auspicio «che la moral suasion di Conte e altri sortisca i suoi effetti e le altre risorse vengano rese disponibili prima di doverci trovare costretti dai mercati ad usare quella trappola dei 36 miliardi del Mes».
Gli equilibrismi di Crimi
Augurarsi di non essere obbligati dallo spread a ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità è diverso dal ventilare la fine del Governo in caso di attivazione. «È uno strumento con condizionalità future imprevedibili. Senza condizioni lo valuteremmo, ma ora non c’è», si barcamena il capo politico Vito Crimi, aprendo però uno spiraglio a puntello della strategia di Conte, che ha promesso di vigilare attentamente sull’assenza di condizionalità. E sapendo che al dunque, ovvero in occasione del voto del Parlamento sul pacchetto europeo, si arriverà non prima di giugno. Il tempo, sperano i vertici del M5S, di far digerire anche il Mes ai pentastellati, magari passando di nuovo attraverso una consultazione su Rousseau.
La trappola Fdi spacca il M5S
Ma in agguato c’è l’opposizione di Lega e Fdi. Alla Camera già venerdì 24 la leader di Fdi piazza la trappola di un ordine del giorno contro il Mes, su cui il Governo dà parere negativo. Sette deputati del M5S votano a favore (Cabras, Lombardo, Maniero, Nesci, Raduzzi, Vallascas e Vianello), una si astiene (Corneli). «La verità è che quella è da sempre la nostra posizione, avremmo dovuto presentarlo noi», confida un deputatopentastellato a taccuini chiusi. Mentre dalla commissione Finanze Alvise Maniero sintetizza così l’umore di chi sfida il Governo: «La parte interessante del Consiglio Ue è una promessa, quella del Recovery Fund, che ancora si deve concretizzare e su cui dobbiamo sostenere la trattativa di Conte. Il resto o è completamente irrilevante, come Bei e Sure, oppure è apertamente pericoloso come il Mes». Il fichiano Riccardo Ricciardi in Aula ratifica invece la strategia dilatoria: «L’Odg di Fratelli D’Italia è strumentale, ogni decisione verrà presa qui ma nei tempi e nei modi consoni a un tema del genere».
Per approfondire:
● Il ritorno di Di Battista e la guerra intestina per la leadership M5S
https://www.ilsole24ore.com/art/mes-casa-m5s-slitta-resa-conti-grillo-blinda-conte-e-crimi-AD2x3SM