(Afp)
Howard Schultz
Il fondatore di Starbucks, Howard Schultz, è consapevole che la sua candidatura alle presidenziali del 2020 come indipendente, preannunciata in un’intervista alla Cbs, “creerà odio, rabbia, l’isolamento dagli amici e dai democratici”. “Io però – ha aggiunto – non voglio vincere le primarie di Twitter, ma quelle tra gli elettori di entrambi gli schieramenti che non hanno ore da spendere sui social”.
Il presidente, Donald Trump, lo ha sfidato proprio su Twitter definendolo “senza fegato per correre alla Casa Bianca”, in realtà i più preoccupati sono i Democratici. Howard Wolfson, analista di Bloomberg, ritiene che l’ansia dei Dem sia ben motivata: “Seguo abbastanza statistiche da anni per sapere che chiunque si candidi da indipendente eroderà il voto anti-Trump. Non possiamo correre il rischio di una sua rielezione”, ha avvertito.
Intanto aumentano le candidature tra i democratici
La discesa in campo di Schultz arriva nelle stesse ore in cui il campo democratico si è arricchito di una nuova candidatura di peso per le primarie, quella della senatrice californiana Kamala Harris. Metà asiatica e metà afroamericana (la mamma è di etnia Tamil, il papà giamaicano), 54 anni, avvocatessa ed ex procuratrice, la Harris è considerata una Obama al femminile e ha promesso di salvare il “sogno americano e democrazia” messi in pericolo da Trump.
L’attacco diretto di Trump, in risposta alle parole pronunciate da Schultz alla Cbs (“questo presidente non è qualificato per fare il presidente”), potrebbe rendere più forte la sua candidatura, polarizzando l’attenzione. Questo è proprio ciò che temono i Democratici: la nascita di un “terzo partito”, da Ross Perot a Ralph Nader, ha sempre portato via voti al partito di riferimento. Il moderato Perot, nel ’92, prese il 18,9%, favorendo la vittoria di Bill Clinton su George Bush. Ralph Nader, nel 2000, si presentò alla guida del Green Party, come movimento di protesta: raccolse 2,9 milioni di voti, non sufficienti per la Casa Bianca, ma i 97mila voti raccolti in Florida e i 22mila nel New Hampshire risultarono decisivi per la sconfitta di Al Gore contro George W. Bush.
Chi è Howard Schultz, e come la pensa politicamente
I casi più recenti, in realtà, indicano segnali contrastanti: il repubblicano Gary Johnson, del Partito Libertariano, alle presidenziali del 2016 ha raccolto 4,5 milioni di voti, senza danneggiare Trump; invece Jill Stein, ambientalista, conquistò 1,5 milioni di voti, forse, destinati a Hillary Clinton. Schultz, Democratico da sempre, 65 anni, un visionario a cui venne l’idea di Starbucks dopo aver visitato, negli anni 80, un bar di Milano, ha annunciato che andrà avanti per la sua strada: visiterà i 50 Stati per esporre le sue idee, al termine di questo pre-giro elettorale, entro primavera o inizio estate, annuncerà la sua decisione. Una candidatura può sparigliare le carte.
La domanda che si fanno a Washington è se Schultz potrebbe davvero danneggiare i Democratici e in quale misura. Secondo un consigliere dell’ex Ceo della catena americana di caffè, l’obiettivo è raccogliere il consenso della parte più moderata degli Stati Uniti. Una recente indagine di Gallup rileva che il 39% degli intervistati si considera indipendente, contro il 25 dei repubblicani e il 34 dei democratici.
Mentre le percentuali di chi si ritiene legato a uno dei due partiti ha registrato oscillazioni nel periodo ottobre-gennaio, gli indipendenti sono rimasti ancorati al 39%. Secondo i consiglieri di Schultz, la sua discesa in campo potrebbe portare via voti a Repubblicani e Democratici, ma soprattutto togliere a Trump un 26-28% decisivo per la sua sconfitta. La prontezza con cui il presidente degli Stati Uniti lo ha sfidato a candidarsi, per ora indica che la Casa Bianca non lo vede come un serio pericolo, ma come un utile avversario.
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