Lieve ed elegante Ebe si libra nell’aria, sfidando la forza di gravità su una nuvola soffice. Le Tre Grazie sembrano danzatrici abbracciate dietro il sipario e il bacio di Amore e Psiche fa pensare alla scena di un balletto. Non è un caso che la danza pervada l’arte di Antonio Canova, dove il marmo si fa corpo leggiadro e impalpabile velo pronto a ondeggiare al vento. Per tutta la vita lo scultore innamorato dell’armonia intrattenne un legame speciale con le virtù di Tersicore: la bellezza in movimento delle danzatrici lo sollevava dalle tristezze dovute “al male di qualche amico o alle vicende del mondo” con un’irresistibile iniezione di vitalità.
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La Gypsotheca ottocentesca del Museo Antonio Canova, Possagno | Foto: © Sara Pitteri per ARTE.it 2017
In occasione della Giornata Internazionale della Danza che ricorre oggi 29 aprile, il Museo e Gypsotheca Antonio Canova di Possagno dedica una settimana a un tema caro all’artista neoclassico. Video, approfondimenti e curiosità sono pronti a proporsi al pubblico sui profili Facebook e Instagram del museo, con una sorpresa supplementare: una diretta Facebook fruibile questo pomeriggio alle ore 17.30 senza alcuna registrazione. A farci compagnia online sarà lo studioso Francesco Leone, membro del Comitato Scientifico Ministeriale per l’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Canova e del Comitato di Studio della Fondazione Canova Onlus di Possagno, in una conversazione inserita nel format #ParolaDi Esperto: un’occasione per esplorare i rapporti del maestro con la danza tra scultura e pittura, offrendo agli spettatori la possibilità di intervenire con domande e osservazioni.
Da sempre appassionato di musica, Canova fu amico dell’illustre coreografo Carlo Blasis, maestro di balletto alla Scala di Milano e autore di un trattato sulla danza. Oltre che un antidoto contro ogni malinconia, lo scultore riconosceva nell’arte di danzare un vero e proprio linguaggio, la cui espressività ora solenne, ora festosa, diveniva in quegli anni immagine di grazia per eccellenza. Dal canto suo il balletto era protagonista di una stagione di profondo rinnovamento, nutrito da legami sempre più stretti con le arti figurative e con l’iconografia classica.
Con la spontaneità propria dei grandi artisti, Canova espresse il suo entusiasmo in una serie di tempere ispirate agli affreschi di Pompei, dove graziose ballerine dipinte a colori vivaci fluttuano sul fondo scuro in un’atmosfera di soffusa dolcezza. Dalla pittura alla scultura, per il maestro del Neoclassicismo il passo è breve. Lo osserviamo nel rilievo della Danza dei figli di Alcinoo, conservato alla Gypsotheca Antonio Canova: qui a librarsi in volo tra nastri svolazzanti sono giovani uomini dai corpi atletici.
Ma a decretare il successo del connubio tra Canova e l’arte del ballo furono le grandi sculture. “Tre sono le Ninfe danzanti”, scriveva il poeta Giovanni Rosini: “sono tutte d’un’esquisita bellezza, ma pur quanto tra loro differenti!”. Un gesto di sfida e “la forza della gioventù più vigorosa” caratterizzano la Danzatrice con le mani sui fianchi, che “fa impazzir tutti” al Salon di Parigi del 1813 prima di trovar casa nel palazzo dell’Imperatrice Giuseppina Bonaparte. La Danzatrice con il dito sul mento spicca invece per la grazia maliziosa, ma il conte Manzoni che la commissionò non riuscì a godersela perché assassinato nel frattempo. Più fortunato l’ambasciatore russo a Vienna Andrei Razumovskij con la sua Danzatrice con i cembali, simile a una baccante colta nell’atto di saltare.
Non dee, ma ragazze comuni ritratte in un istante di naturalezza, le Danzatrici mostrarono al mondo quanto il marmo potesse farsi vivo e leggero vibrando a suon di musica.