L’atto undicesimo della protesta dei gilet gialli si è concluso, sabato scorso, con nuovi scontri con la polizia alla Bastiglia, durante i quali uno dei leader della mobilitazione, Jerome Rodrigues, è rimasto ferito da un proiettile di gomma a un occhio. Lo perderà, dice lo stesso Rodrigues. Colpito alla testa da un proiettile di gomma anche un militare in permesso che si era ritrovato nell’area dei tafferugli mentre passeggiava con alcuni amici.
Sebbene la partecipazione sia stata inferiore alle manifestazioni precedenti (segno, forse, di un’apertura di credito di alcune frange del movimento per la consultazione nazionale lanciata da Emmanuel Macron), le violenze sembrano aver esasperato parte della popolazione parigina, che il giorno dopo è scesa in piazza per chiedere “una cosa sola: il ripristino dell’ordine pubblico e delle libertà individuali”. Così si legge su una delle pagine Facebook espressione di questo neonato movimento che, come i gilet gialli, ha scelto un simbolo: il foulard rosso, indossato dai circa 10.000 dimostranti che hanno sfilato domenica per le vie della capitale concludendo la marcia proprio alla Bastiglia.
Anche la mobilitazione dei foulard rossi, come quella della controparte, è sorta e si è diffusa tramite i social network. A suonare l’adunata per “la maggioranza silenziosa che si è nascosta a casa per dieci settimane” è stato un ingegnere di Tolosa cinquantunenne, Laurent Soulié, che il mese scorso ha creato una pagina, ‘STOP – Adesso è abbastanza‘ e un evento: “Marcia Repubblicana per le Libertà”. Le adesioni raccolte poi sono equivalse grossomodo al numero di persone scese in piazza. Il simbolo è quello eterno de La République, la Marianna col berretto frigio, che nell’immagine del profilo piange lacrime blu e rosse su un volto pallido, i tre colori della bandiera.
“La rabbia è stata ascoltata, le rivendicazioni erano legittime ma ne denunciamo la forma, la violenza sistematica, l’odio contro i funzionari eletti, i giornalisti”, ha spiegato Soulié alla stampa. E proprio ai giornalisti si rivolge un post apparso sulla pagina ‘Les Foulards Rouges’, nel quale la categoria è accusata di non volersi schierare a loro favore, dopo le aggressioni ad alcuni cronisti avvenute durante le manifestazioni dei gilet gialli. Quest’altra pagina ha un altro amministratore, John Christophe Werner, che si definisce a sua volta “fondatore del movimento dei foulard rossi”.
Chi è con Macron e chi no
Come avviene per tutte le mobilitazioni dal basso, è normale che ci sia più di un leader. Lo stesso vale per i gilet gialli. E ciò è anche un sintomo dei diversi orientamenti che già sorgono nel neonato movimento a proposito della risposta alla domanda più ovvia di tutte: questi foulard rossi, oltre a condannare le modalità di protesta dei gilet gialli, vogliono anche esprimere sostegno al presidente Macron?
Dato che era inevitabile che tale questione si ponesse, alcuni dimostranti hanno dato un’ironica risposta preventiva con striscioni che inneggiavano ad Alexandre Benalla, l’ex guardia del corpo di Macron licenziata dopo aver picchiato un manifestante e sotto inchiesta per uso illegittimo del passaporto diplomatico, e al ministro dell’Interno Christophe Castaner, criticato per la mano pesante adoperata contro i gilet gialli.
Foulard rossi
A quanto par di capire, Soulié è il leader dell’ala che sostiene Macron, come reso esplicito nei comunicati in rete. Werner invece rappresenta chi non vuole immischiarsi con la politica ma semplicemente chiedere un ritorno dell’ordine. Sulla stessa linea, una terza frangia del movimento, che ha a sua volta un’ulteriore pagina Facebook (con tanto di pulsante per la raccolta fondi) e un “portavoce”, Alex Brun, che ai microfoni della radio Rfi ha denunciato “il clima insurrezionale instaurato dai gilet gialli” nonché “le minacce e i costanti insulti” verso chi non aderisce alla loro protesta. Riusciranno questi tre tronconi a mettersi d’accordo? Brun ha annunciato che verrà diffuso presto un “manifesto unitario”.
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