Continua la messa a punto delle misure. Confindustria e Ance dicono no alla riduzione dell’orario a parità di salario per corsi di formazione nei settori più colpiti
di Nicola Barone
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Il nuovo decreto in deficit per 55 miliardi avrà uno dei pilastri nella protezione del lavoro. Per un freno all’impatto della crisi l’esecutivo intende prevedere altre nove settimane di cassa integrazione con causale Covid-19 oltre alla proroga di due mesi per la Naspi e la Duscoll per i collaboratori. Prevista anche un’indennità per colf e badanti ma non la cassa integrazione. Quanto al sussidio per le famiglie in maggiore difficoltà la maggioranza sembra vicina a un’intesa sul reddito di emergenza come norma a tempo (di due o tre mensilità) ribattezzata secondo le indiscrezioni in «contributo di emergenza», a rendere ancora più chiaro che si tratta di una misura non strutturale.
Blocco licenziamenti da due a cinque mesi
Con il decreto il blocco dei licenziamenti sarà portato da due a cinque mesi. Nelle settimane di piena emergenza l’Inps ha dovuto trattare prestazioni eccezionali per 11 milioni di lavoratori, si prepara dunque una semplificazione per le procedure di trasmissione e lavorazione delle domande di Cig a beneficio dei tempi. Tra le novità in vista, stando alle comunicazioni della ministra Catalfo ai sindacati, spazio poi a indennizzi per stagionali e autonomi, congedi parentali e bonus baby sitter il cui utilizzo sarà allargato anche a servizi per l’infanzia e centri estivi. E ancora si stabiliranno «tutele per i lavoratori dello spettacolo e dello sport», annuncia Catalfo.
Allo studio formazione nell’orario di lavoro
Una nuova misura di politica attiva per permettere ai dipendenti nei settori colpiti dalla crisi di potenziarne le competenze è in fase di studio al ministero del Lavoro. Ipotizzata per il solo periodo di emergenza, consentirebbe ai contrattivi collettivi aziendali e territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative di prevedere una rimodulazione dell’orario con la quale convertire quota parte delle ore in percorsi di formazione. Confindustria e Ance dicono nettamente no alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario («mi sembra come voler dire alle imprese “litighiamo” ma noi non abbasseremo la testa. Ho avuto una lunga conversazione con Bonomi e noi volgiamo rispetto», ha detto il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe). Ma come precisato da Catalfo si tratterebbe solo di una facoltà tramite «specifiche intese», per finanziare la quale sarebbero disponibili oltre 200 milioni in un apposito fondo presso il ministero.