Pubblicato il: 21/05/2020 11:45
“Non credo di sbagliarmi nel dire che Renato Carosone sia stato il primo rapper di tutti i tempi, anche se gli americani potrebbero risentirsi dello scippo di questo titolo, conteso per altro anche dai toaster giamaicani, a conferma di quanto le musiche di tutto il mondo possano assomigliarsi nell’esigenza di dire, di esprimersi, di raccontare il ritmo”. A parlare così dell”americano di Napoli’ è l’attore e regista italoamericano John Turturro, che firma la prefazione dell’edizione aggiornata dell’autobiografia di Renato Carosone ‘Carosone 100‘, scritta con il giornalista e critico musicale Federico Vacalebre, pubblicata da Albatros per il centenario della nascita del grande musicista, che era nato nel gennaio 1920.
Turturro, che al suo legame con Napoli e la canzone napoletana ha dedicato il docufilm ‘Passione’ del 2010 (sceneggiato proprio insieme a Vacalebre), aggiunge: “Forse i tormentoni di Carosone non sono rap, non condividono le stesse radici da cui si è mossa la cultura hip hop, essendo invece un logico sviluppo di quanto la canzone napoletana classica aveva costruito fino a quel momento. Nel dopoguerra si percepiva fortissima l’esigenza di ballare, di dimenticare, di lasciarsi alle spalle il dolore sofferto, provato e causato dagli orrori ormai sotto gli occhi di tutti, ammesso che non lo fossero già prima. Le canzoni d’amore, di nostalgia e di ‘sole nostro’ lasciano il posto alla commedia dell’arte, a ironiche macchiette napoletane che descrivono personaggi straordinari come gli americani di Napoli, i Toreri, i Sarracini. Questa nuova melodia di cui anche noi italoamericani siamo orgogliosi si mescola con i migliori suoni che arrivano dal resto del mondo: il jazz portato dall’armata americana e i V-Disc, come il boogie, i suoni latinoamericani, le suggestioni esotiche scoperte da Carosone in Africa”.
“Nei titoli di testa di ‘Passione’, il mio film sulla canzone napoletana, avevo inserito una frase che diceva: ‘Ci sono posti dove vai una volta… e poi c’è Napoli’. Ecco, durante quel viaggio, con l’aiuto di Federico Vacalebre – racconta Turturro – ho capito che ci sono canzoni che ascolti una volta… e poi ci sono quelle di Carosone. Attualissime nei testi –grazie a Nisa e Bonagura–, negli arrangiamenti –grazie a Gegè Di Giacomo e Peter Van Wood–, sono pastiglie di buonumore, perle di pianismo veloci come un mandolino, veraci come un ragù, internazionali come un marinaio. Ecco, la canzone napoletana ha girato tutto il mondo e continua ad essere cantata ovunque, penso a Pino Daniele, che di Carosone è stato il migliore e più importante erede. E della canzone napoletana, dopo i grandi classici che l’hanno resa celebre, Renato è ancora il cardine, il perno di una rivoluzione gentile, di un rinnovamento senza rotture ma non per questo meno sconvolgente”, sottolinea.
“Purtroppo non ho avuto modo di conoscerlo personalmente, ma sono orgoglioso di avergli dedicato in ‘Passione’ la ‘Caravan petrol’ divisa con Fiorello ed Enzo Avitabile e la bellissima ‘Maruzzella’ intonata da Gennaro Cosmo Parlato. Pensare che l’uomo che ha scritto questa grande bellezza avrebbe oggi cento anni ci dà conferma di quanto siano ancora giovani le sue canzoni e la sua arte”, conclude Turturro nella prefazione dell’autobiografia in cui Carosone (scomparso nel 2001) si è raccontato con grande ironia, dal primo incontro con il pianoforte agli esordi africani, dal rientro nell’Italia del dopoguerra ai grandi successi in Italia e nel mondo.
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