Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato a tempi brevi la convocazione degli “Stati generali dell’economia”. Impegno ambizioso, certo non influenzato dalla scaramanzia, visti i precedenti. Il più famoso, quello del 1789, non portò fortuna a chi lo indisse, Luigi XVI, perché fu il suo primo passo verso la ghigliottina.
La più recente evocazione di questa idea è molto meno storica. Riguarda la piccola cronaca dell’Italia di oggi, quando i 5 Stelle, a inizio 2020, annunciarono l’evento per rimettere ordine al loro “partito”, dopo l’auto decadenza del capo politico Di Maio, molto ansioso di farsi rimpiangere. Anche qui nessuna attenzione alla scaramanzia, visto che l’esito della decisione è stata solo quella di consegnare al Paese un nuovo leader politico, tale Vito Crimi da Brescia.
Un grande incassatore, come si diceva una volta dei pugili che restavano sempre in piedi nonostante i colpi ricevuti: passerà alla storia del suo partito per aver accettato il Meccanismo europeo di stabilità e la dichiarazione di apertura al ponte di Messina pronunciata da Conte nella stessa occasione.
Dunque, con sprezzo del pericolo, il presidente del Consiglio ha rispolverato questa antica idea, nata per riunire insieme i tre “Stati” di un tempo, e oggi da far realizzare agli imprenditori, nobiltà e borghesia al tempo stesso, al clero sindacale, e infine al Terzo Stato che Conte ha adeguato ai tempi moderni: “singole menti brillanti”, ovvero presumibilmente i non convocati dalle task force precedenti.
Una luce (brillante) in fondo al tunnel. Ma potrebbero essere anche le Sabine “non rapite” dai romani del celebre ratto, come disegnato dal grande genio del vignettista ante litteram Novello. Ma se il nome induce gli scongiuri, quello che più preoccupa non è l’idea in sé, ma l’improvvisazione che ne sembra la base.
Basti dire che all’ordine del giorno, ci dovrebbe essere tutto lo scibile umano: infrastrutture (e si diceva che i 5Stelle sono il partito del no…), sbloccantieri e sbloccaburocrazia (e si diceva che i 5Stelle sono il partito dell’onestà del non fare-non sbagliare…), fisco, giustizia penale e civile, innovazione, digitalizzazione e chi più ne ha. Difficile dar torto a Salvini quando dice che è il libro dei sogni.
Ma l’avvocato invece non dorme. Aspetta solo che venerdi, si badi bene: venerdi, Colao gli consegni il suo rapporto, e lunedi, si badi bene: lunedi, tutti a Villa Pamphilj a dibatterne. È lo stesso vizio dei decreti chiudo-non chiudo, illustrati a reti unificate sempre un momento prima, spesso un momento dopo il necessario per potersi organizzare. Ma questo è più un problema di incompetenza della comunicazione di palazzo Chigi.
Quello che lascia basiti, così direbbe la Meloni, è invece affidarsi a un rapporto Colao che ancora non c’è, costruito in smart working da Londra, dopo qualche breve interlocuzione telematica con gli uomini, e più recentemente le donne, della gigantesca Armada di consulenti.
Perché delle due l’una: o il programma è geniale (e qualche anticipazione lo segnala come quanto meno interessante) e allora tanto vale mandare Colao a Palazzo Chigi, con al fianco un buon comunicatore e poco di più, oppure è aria fritta, e allora a cosa servono gli Stati Generali? Meglio chiamarli Stati generici.
Più che gli stati generali dell’economia, Conte ha in mente gli stati generici