Il maggior disavanzo va ad appesantire il debito che volerà verso il 160% del Pil senza considerare che la prossima manovra per il 2021 andrà comunque finanziata
di Dino Pesole
Il maggior disavanzo va ad appesantire il debito che volerà verso il 160% del Pil senza considerare che la prossima manovra per il 2021 andrà comunque finanziata
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Se – come pare probabile – si arriverà a breve a una terza richiesta al Parlamento di ricorrere al deficit per far fronte ai costi crescenti della pandemia, il conto finale si aggirerà attorno agli 85 miliardi e solo per il 2020. Più o meno l’equivalente di tre manovre di bilancio.
Siamo in emergenza e dunque il ricorso al deficit (già proiettato verso il 10,4% del Pil) pare inevitabile. Il problema è che il maggior disavanzo va ad appesantire il debito che volerà verso il 160% del Pil senza considerare che la prossima manovra per il 2021 andrà comunque finanziata.
Come? Ancora in deficit? Appare dunque singolare che si ipotizzi un nuovo scostamento dagli obiettivi di deficit già autorizzati dal Parlamento quando sul tavolo sarebbero già disponibili i 36 miliardi della nuova linea di credito senza condizionalità del Mes. Il costo di restituzione del prestito che il Fondo salva stati concederebbe con un unico vincolo di destinazione (i costi diretti e indiretti della pandemia) sarebbe nettamente inferiore al costo di finanziamento sul mercato del maggior deficit che il governo si accinge a chiedere al Parlamento.
La sospensione del Patto di stabilità è a tempo
Il ricorso al maggior indebitamento è reso possibile dalla decisione assunta dalla Commissione europea di sospendere di fatto per tutto il 2020 i vincoli su deficit e debito. In realtà, se si si esamina con attenzione quanto deciso da Bruxelles, la sospensione riguarda sostanzialmente il percorso di riduzione del deficit strutturale. In sostanza viene meno l’obbligo (pressante per i paesi ad alto debito) a convergere gradualmente verso il pareggio di bilancio intervenendo sul deficit calcolato al netto delle variazioni cicliche e delle una tantum. Decisione inevitabile, considerata l’intensità senza precedenti della recessione in atto. L’invito è comunque a riprendere la rotta quando l’emergenza sarà passata. E tuttavia, come osserva il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, se è vero che in momenti come questo il deficit «non può essere un limite» ai provvedimenti di emergenza, è altresì vero che i paesi ad alto debito «devono porsi il problema nei prossimi anni per evitare che aumenti ancora di più». Prima o poi, il conto va saldato e poiché per fare più deficit occorre ricorrere ai mercati, vi è da augurarsi che il nuovo “whatever it takes” della Bce si prolunghi il più possibile attraverso i due programmi di acquisto di titoli di Stato, uno tradizionale l’altro “pandemico” (il Pandemic emergency purchase programme). In particolare il PEPP si estenderà fino alla fine del 2022. È la condizione imprescindibile perché lo spread si mantenga su livelli accettabili e che dunque il costo di finanziamento del debito avvenga a tassi contenuti, tenendo conto che al momento i tassi di interesse hanno raggiunto livelli addirittura negativi, e che dunque pare improbabile spingersi ancora oltre.
Le incognite della manovra 2021 e l’abolizione delle clausole Iva
È certamente positivo che con il decreto rilancio si sia disposta la cancellazione delle clausole Iva in programma per il 2021 per 19,8 miliardi, e di 26,7 miliardi per il 2022 (la coda delle vecchie “clausole di salvaguardia”) che altrimenti avrebbero imposto un incremento di Iva e accise. Ma anche in questo caso per sostituire il mancato gettito già iscritto nei tendenziali di finanza pubblica si ricorre all’arma del deficit. In poche parole la cancellazione delle clausole di salvaguardia evita l’aumento delle aliquote Iva e delle accise (ed è una buona notizia) ma per farlo aumenta l’indebitamento, nei limiti già approvati dal Parlamento. Quindi la manovra 2021 già parte appesantita dal maggior deficit disposto per evitare l’aumento dell’Iva. Per il resto occorrerà individuare le coperture (sul versante della spesa e del recupero di base imponibile). Certo si potrà far conto sulle risorse europee del “New generation Ue”, ma i finanziamenti verranno concessi in relazione allo stato di avanzamento delle riforme che verranno presentate in ottobre. Dunque non si tratterà di sovvenzioni e prestiti “a prescindere”.