Anthony van Dyck, Ritratto di Agostino Pallavicini, 1621, olio su tela, 142,2 x 217,5 cm, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum
A Superb Baroque: Art in Genoa, 1600 -1750 è il titolo della mostra che porterà a Roma – dal 25 marzo ad agosto del 2021 – e alla National Gallery of Art di Washington – da settembre a gennaio 2022 – lo splendore visivo e l’esuberanza di una città che nel XVII secolo era il centro bancario d’Europa, con un governo repubblicano pienamente funzionante e un’eccezionale ricchezza di opere e stili.
Saranno circa 150 – tra dipinti, sculture in marmo e in legno, stampe, disegni, argenterie e persino un ricamo – i capolavori in mostra, realizzati tra il 1600 e il 1750, e che dopo Roma voleranno in America, con qualche piccola variazione, per portare, per la prima volta oltreoceano, un percorso interamente dedicato al barocco genovese.
L’esposizione è a cura di Jonathan Bober della National Gallery of Art di Washington e di Piero Boccardo e Franco Boggero che ci forniscono alcune anticipazioni su questo atteso appuntamento.
Ne emerge un viaggio tra opere, artisti e generi diversi, che copre un periodo compreso tra il 1600, scelto come anno simbolico, e il 1750, e che avrà come protagonista l’arte, la storia, e in generale la cultura genovese.
“Nell’allestimento delle Scuderie del Quirinale – spiegano i curatori Boccardo e Boggero – le prime due sale saranno dedicate al primo quarto del Seicento. In questo periodo Genova è un crocevia di artisti, di nomi eccezionali della pittura europea, da Rubens a Caravaggio, da Gentileschi a Simon Vouet, e ancora van Dyck. Tutta questa concentrazione di grandi nomi, ciascuno con una propria esperienza, determina un incredibile fiorire artistico. Genova è una repubblica con una classe aristocratica di governo, e proprio per questo non detiene un gusto dominante imposto da un sovrano”.
Pieter Paul Rubens, Ritratto di Giovanni Carlo Doria,1606, olio su tela, 188 x 265 cm, Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
Nell’ambito del collezionismo spicca la figura del genovese Giovanni Carlo Doria, al quale è dedicato il monumentale Ritratto equestre di Giovanni Carlo Doria di Rubens, uno dei pezzi cardine della mostra.
“Quando Rubens giunge a Genova – commentano i curatori – entra in contatto con una piccola enclave di aristocratici e realizza per loro ritratti spettacolari, in particolare di dame”.
Accanto a Rubens, tra i protagonisti arrivati a Genova che ritroviamo quindi in mostra, c’è van Dyck che in pochi anni dipinge moltissimi ritratti lasciando in città un segno profondo.
Oltre a dare ampio spazio a un naturalismo locale rappresentato da pittori come Giovanni Andrea De Ferrari, Luciano Borzone, Domenico Fiasella, la mostra segue soprattutto la storia di Genova che influenza profondamente anche la pittura. “Tra il 1656 e il 1657 – spiegano i curatori – Genova è travolta da una pestilenza mostruosa che arriva via mare da Napoli e dimezza la popolazione. Nel momento più tragico si arriva persino a bruciare i cadaveri per strada. Molti pittori muoiono a causa dell’epidemia e la pittura cambia segno in funzione di questo evento. Di peste muore anche Valerio Castello che aveva dato il via al barocco genovese, alla “grande decorazione” che definisce gli spazi interni della città”.
Un altro pezzo importante, presente nelle sedi di Roma e di Washington sarà il Ritratto di Agostino Pallavicini di van Dick, proveniente dal Getty Museum di Los Angeles.
Anthony van Dyck, Ritratto di Agostino Pallavicini, 1621, olio su tela, 142,2 x 217,5 cm, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum
Solamente alle Scuderie del Quirinale potremo invece ammirare i due ritratti dei coniugi Brignole- Sale, i due più grandi capolavori eseguiti a Genova da van Dyck, esemplificativi di un ceto in cerca di affermazione sociale e di potenza economica. E solo a Roma sarà invece esposta l’Annunciazione di Domenico Piola, con le sue tinte pastello, restaurata in occasione della mostra, accanto a una grande tela di Giovanni Benedetto Castiglione in prestito da una collezione privata genovese.
Di grande impatto si preannuncia la tela – di oltre sei metri di lunghezza – del pittore Giulio Benso, artista “incompreso” con le sue vertiginose prospettive. Su disegno di Domenico Piola vedremo un paliotto d’altare ricamato o ancora un grande tavolo da muro intagliato e dorato, il cui piano è costituito da una lastra di ametista, lavorato proprio a Roma.
“La mostra alle Scuderie del Quirinale – anticipano i curatori – sarà più ricca nelle arti decorative, mentre quella alla National Gallery sarà maggiormente incentrata sulle arti figurative”. Ci sarà anche la commovente opera di Gregorio De Ferrari che ritrae una monaca benedettina spirante al suolo accanto a un trepidante turbine di angeli, il cui dettaglio è stato scelto per la copertina della mostra di Washington.
Bernardo Strozzi, La cuoca, 1625 circa, Genova, Galleria di Palazzo Rosso
“La Cuoca di Bernardo Strozzi – spiegano Piero Boccardo e Franco Boggero – un capolavoro del naturalismo genovese dai Musei Civici presente in mostra, sarà invece indicativo di una nutrita schiera di pittori fiamminghi di genere, con i loro tipici soggetti popolareschi e le nature mostre. L’opera documenta anche la fortuna di questo tipo di soggetti che troverà un alto interprete nel Grechetto”.
Tra i pezzi più iconici del percorso si inserisce poi il Suicidio di Catone di Gioacchino Assereto, il pittore che, nell’ambito del naturalismo, raggiunse probabilmente gli esiti più toccanti.
Non potendo esporre la pittura murale, il percorso cercherà di rendere l’idea degli spazi dipinti ricorrendo anche ai bozzetti, ai piccoli modelli presentati dagli artisti ai committenti. Grande rilevanza sarà data alla scultura e all’argenteria “da parata”, frutto dell’estro di argentieri provenienti per lo più dalle Fiandre.
La mostra darà conto anche del profondo cambiamento verificatosi alla fine del Seicento, parallelamente ad alcuni grandi eventi storici. “Da un lato comincia a farsi massiccia l’influenza francese su Genova, dall’altra il ruolo della Spagna inizia a venir meno, diventando questo paese uno dei regni della famiglia Borbone”. Il bombardamento di Genova, nel 1684, oltre a determinare la distruzione di molti edifici, inaugura la grande stagione della decorazione a fresco che ha tra i suoi maggiori interpreti Domenico Piola.
Genova assimila anche l’influsso di Roma. “I figli dei pittori della grande decorazione, nati nell’ultimo quarto del Seicento, studiano nella città eterna, aperti ad esempio alla cultura di Maratta, per rientrare a Genova investiti da uno stile più classicheggiante, come si può notare in Domenico Parodi e in Lorenzo De Ferrari”.
Tra i nomi importanti presenti nel percorso dedicato a Genova, quello di Alessandro Magnasco artista “fuori dagli schemi”, attivo tra Genova, Milano, Firenze e apprezzato per i suo modo di dipingere, veloce e aggressivo, per le scene di tortura, per i frati, le monache ritratti nella loro vita conventuale, soggetti estranei alla produzione artistica dell’Europa del tempo.
La mostra si chiude con il Trattenimento nel giardino di Villa Saluzzo d’Albaro, forse l’opera più nota di Magnasco, in arrivo dai Musei di Strada Nuova a Genova, una fotografia della società di metà Settecento con i suoi aspetti di mondanità, e che ebbe al centro anche uomini di chiesa. A testimonianza di un contesto che, alle soglie del neoclassicismo, sta per mutare modi e forme di vita.
Alessandro Magnasco, Trattenimento in un giardino di Albaro, 1740 circa, olio su tela, 198 x 86,3 cm, Genova, Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco
Leggi anche:
• Con Caravaggio, Guercino e Guido Reni riaprono i Musei di Strada Nuova