Massimiano Bucchi
Pubblicato il: 24/06/2020 13:41
“Penso che questa emergenza sia stata una grande occasione per riflettere sul nostro rapporto con la tecnologia. E non solo sull’importanza che la tecnologia può avere per gestire alcune attività”. Così, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Massimiano Bucchi, esperto e docente di Scienza, tecnologia e società all’Università di Trento e autore del libro ‘Io e Tech, piccoli esercizi di tecnologia’, in uscita oggi (edizioni Passaggi Bompiani).
“Una delle lezioni – spiega – che abbiamo appreso, ad esempio, è che i social e altre forme di comunicazione online non sostituiscono, ma interagiscono e si alimentano vicendevolmente con le attività offline. Così, ad esempio, stare su Facebook sapendo di non poter partecipare a eventi o incontrare i propri contatti è un’esperienza diversa (e spesso percepita come meno gratificante) da quella a cui eravamo abituati prima della pandemia; così come lo è fare riunioni o lezioni online senza la prospettiva di incontrare fisicamente colleghi, docenti o studenti”.
“Saper usare la tecnologia – sottolinea Bucchi – è importante, ma ancora più importante è capirla. Purtroppo, nonostante la tecnologia sia una presenza costante nella nostra vita quotidiana, nessuno ci insegna a comprenderla. A scuola non se ne parla quasi mai. Nei media se ne parla perlopiù per esaltarla, o per demonizzarla. Ma il punto non è né accantonare o rifuggire le tecnologie né sottovalutare l’impatto che hanno su di noi, ma riconoscerne tanto i benefici quanto le controindicazioni”.
“A dispetto di un diffuso luogo comune – fa notare – la tecnologia non è mai neutrale, ma dà e toglie allo stesso tempo. Da un lato crea, dall’altro distrugge. Non c’è rosa tecnologica senza spine. Prenderne coscienza è un primo passo, e nemmeno troppo piccolo”.
“I piccoli esercizi – ricorda Massimiano Bucchi – proposti nel libro (come la ‘gara di resistenza alle notifiche’, ‘va’ dove ti porta YouTube’ e così via) sono pensati per mettere a fuoco concretamente e in modo critico il nostro rapporto con la tecnologia, sempre mantenendo un tono ironico e non paternalistico“.
“Una risposta ‘proibizionista’ alle domande – commenta – sul nostro rapporto con la tecnologia, oltre ad essere insensata e impraticabile, non ha nessuna possibilità di essere accolta, soprattutto dalle nuove generazioni”.
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