Un vaso di Pandora: gli esperti non hanno dubbi nel definire così l’emergere continuo di nuovi virus, come collage di frammenti genetici che in alcuni casi possono diventare una minaccia per l’uomo. L’ultimo arrivato è il virus G4 EA H1N1 appena scoperto in Cina, un lontano parente del virus responsabile del virus H1N1 che ha causato la pandemia del 2009 che, dopo essersi adattato all’uomo, è tornato nei maiali: un percorso tortuoso che alla fine ha prodotto un virus nuovo, in apparenza simile ad altri visti in passato ma contro il quale i vecchi vaccini non funzionano. E’ una vecchia storia, come sa bene chi studia il mondo sconfinato dei virus. Quelli dell’influenza sono i più diffusi e insidiosi, ma dal 2003 alla pandemia di Covid-19 abbiamo imparato a conoscere i coronavirus e altri virus ancora nascono e si modificano in altri animali. Chikungunya, Ebola, Marburgo, Nipah, Zika sono soltanto i più noti. In questa moltitudine, che gli addetti ai lavori chiamano virosfera, i virus dell’influenza come quello appena scoperto in Cina sono i più frequenti. In particolare “i virus della famiglia H1N1 sono il frutto di un gran calderone di riarrangiamenti di virus diversi in animali diversi”, osserva l’infettivologo Massimo Galli, dell’Università di Milano e primario dell’ospedale Sacco. “Finchè – aggiunge – non si estrae dal mazzo un virus capace di trasmettersi da uomo a uomo. Le provette naturali nelle quali questi virus rimescolano il loro patrimonio genetico sono i maiali, ma recentemente è emerso che anche i pipistrelli danno il loro contributo. Volendo ripercorrere l’albero genealogico del nuovo virus scoperto in Cina, il suo parente più lontano è addirittura il virus H1N1 della Spagnola, risaltato fuori nel 2009 in una veste molto diversa: una sorta di Arlecchino genetico che aveva in sé, osserva l’esperto, i virus suini H1N1 americano ed eurasiatico, mescolati con un frammento del virus degli uccelli e con un virus umano. “Quello che i ricercatori cinesi hanno trovato è un virus che nel tempo è cambiato radicalmente e che oggi – prosegue – è stato trovato anche negli addetti degli allevamenti, soprattutto di età compresa fra 18 e 35 anni e si è visto che non si trasmette da uomo a uomo”. E’ possibile, rileva, che “se saltasse fuori non ci darebbe fastidi”, ma “non avremmo un vaccino e dovremmo programmarne uno”.