Dopo ritardi e polemiche, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, è pronta alla revisione dell’attuale sistema, riformato nel 2015. Al via gli incontri con imprese e sindacati. Più spazio alla formazione.
di Claudio Tucci
Dopo ritardi e polemiche, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, è pronta alla revisione dell’attuale sistema, riformato nel 2015. Al via gli incontri con imprese e sindacati. Più spazio alla formazione.
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Ritardi nell’erogazione dei sussidi, polemiche e normative spesso lacunose hanno accesso una spia rossa nel governo: l’emergenza coronavirus ha reso evidenti tutti i limiti del nostro attuale sistema di ammortizzatori sociali, ridisegnato nel 2015, per gestire crisi “ordinarie”, e costretto invece in questi mesi ad affrontare situazioni “straordinarie”. Di qui la scelta del ministero del Lavoro, Nunzia Catalfo, di istituire una commissione ad hoc (forse era sufficiente affidarsi alle strutture ministeriali, in raccordo con il dicastero dell’Economia) e aprire ufficialmente il cantiere di riforma dei sussidi.
Il quadro attuale
Oggi, la cassa integrazione (nelle due versioni “ordinaria” e “straordinaria”) può durare 24 mesi nell’arco di un quinquennio mobile, elevabili a 36 mesi in casi determinati. Il sussidio ha dei massimali e l’integrazione subisce delle riduzioni con il passare dei mesi. Ci sono poi i fondi bilaterali, la Naspi, la nuova indennità di disoccupazione; tutele specifiche per collaboratori (Dis-coll), etc. Insomma, un sistema pensato per crisi “ordinarie”. L’attuale governo ha già fatto degli aggiustamenti: ha reintrodotto la Cigs per cessazione e soprattutto la Cig in deroga, allargandola anche alle imprese sotto i 5 addetti. Troppi strumenti, quindi, con regole diverse, alla base degli attuali problemi e ritardi nell’erogazione dei sussidi ai lavoratori in difficoltà.
Le linee guida della riforma
Ad annunciare le linee generali della revisione degli ammortizzatori sociali sono state nei giorni scorsi la sottosegretaria Pd al Lavoro, Francesca Puglisi,e la stessa ministra Catalfo. Gli obiettivi della riforma sono almeno tre, hanno detto: assicurare continuità occupazionale nelle gestione delle crisi aziendali; facilitare i processi di rigenerazione territoriale e riconversione industriale; e, poi, evitare che si intervenga in maniera frammentaria e con reiterati provvedimenti ad hoc. Nei primi 4 mesi di governo “giallo-rosso”, infatti, si è dovuto sempre ricorrere al Parlamento per affrontare singole vertenze, Mercatone Uno, Beakert, Tagina, solo per fare alcuni esempi).
Più formazione e politiche attive
Adesso, ha spiegato Catalfo, per affrontare le sfide che ci riserva il mercato del lavoro nell’era post-Covid, «serve un vero e proprio cambio di paradigma: dobbiamo ripensare gli ammortizzatori sociali, uscendo dalla logica del mero sostegno economico “passivo” ed entrando in quella che mette al centro la formazione del lavoratore e le politiche attive, al fine di assicurare loro l’occupabilità e un tempestivo riposizionamento sul mercato stesso in caso di uscita.
Gli interventi allo studio
L’idea di un “ammortizzatore unico” è ancora una proposta di alcuni studiosi il governo non si è ancora pronunciato. In questi giorni, sono emerse alcune aree di intervento che la riforma degli ammortizzatori dovrà affrontare. Intanto, sul fronte Cig, M5S e Pd parlano di rivedere il meccanismo delle proroghe e di ammorbidire anche il quinquennio mobile introdotto dalla precedente normativa del 2015. Si apre anche alla rivisitazione della disciplina del contratto di espansione per ampliarne l’utilizzo e renderlo permanente in un’ottica di staffetta generazionale.