Luigi Pellanda, Gran Bunker, olio su tela
Orari: tutti i lunedì, giovedì, venerdì e sabato dalle 15 alle 18.30; domenica 10-13 / 15-18.30
Costo del biglietto: solo mostra €4 biglietto unico, studenti dai 6 anni €2. Biglietto Museo e mostra intero €8; ridotto Museo e mostra €5
Chiara Marangoni ha selezionato per questa rilevante esposizione circa 70 opere del maestro bassanese, affiancandole ad una attentissima scelta di sue incisioni e fotografie. A esplicitare, sia pure in modo parziale, la complessità e la ricchezza delle espressioni artistiche di Pellanda.
Luigi Pellanda è etichettato come “pittore iperrealista” ma mai, come nel suo caso, l’etichetta mostra chiari limiti.
Certo le sue nature morte colpiscono per la perfezione nella rappresentazione, per il realismo con cui pennella immagini di fiori, frutta e vegetali.
Ma, se appena si avverte la necessità di andare oltre la prima apparenza, l’affinaggio fa trasparire la complessità che sottende “ciò che appare”.
Pellanda è giunto alla pittura attraverso un percorso vario complesso. Cominciando da un laboratorio di ceramica, misurandosi nel silenzio dove il fuoco calcina le proprie emozioni in forme tridimensionali. Poi la folgorazione per l’incisione, pronuba la conoscenza dell’opera incisoria di Giovanni Barbisan. La passione per la musica che continua ad accompagnarlo lungo il suo cammino sin dagli inizi, mai abbandonata e attualmente condivisa accompagnando gli esordi musicali di una delle sue tre figlie. Poi la scelta di misurarsi con la nuova passione artistica – la fotografia- agendo in via diretta, senza intermediari. Lavorando dall’idea alla sua realizzazione in un laboratorio da lui stesso creato. Intanto percorre le terre del Brenta alla ricerca delle forme in cui si esprime la natura: fiori, alberi, animali. Individuato un soggetto, non si limita a catturarlo nell’immagine ma lo indaga, con infiniti scatti, per catturare quell’attimo magico, il momento di grazia rappresentato dal perfetto equilibrio armonico tra oggetto, ambiente e luce.
Inevitabile il passaggio ulteriore: quello alla pittura.
Che in Pellanda, è sintesi alchemica di tutto quanto è andato maturando.
Ogni sua tela risente della ricerca dell’equilibrio di luce e atmosfere; la medesima che affinava nelle sue pazienti ricerche in fotografia. Ha la sostanza e la tridimensionalità delle forme ceramiche, le sottolineature dei segni grafici e, soprattutto o forse prima di tutto, l’armonia che deriva dalla sua passione musicale. Di lui la critica ha sottolineato il legame con la pittura di Caravaggio, per il sapiente gioco di luci e ombre. E’ stato avvicinato anche a Pieter Bruegel, per la composizione e la capacità di rendere vivo, reale la natura morta, facendo affiorare ciò che essa rappresenta.
Assonanze e richiami certamente corretti, che tuttavia appaiono limitanti rispetto alla potenza di una personalità e di una storia come quelle di Pellanda.
Non è un caso se le sue opere, esposte anche alla Biennale del 2011, siano oggi presente in fondamentali collezioni dei cinque Continenti. Nella sua pittura, i grandi collezionisti hanno apprezzato precisi echi della tradizione della maggiore arte europea, rivissuta, reinterpretata, rivitalizzata da un umo che è immerso nell’oggi, un mago della pittura che interiormente intinge il suo pennello nella musica, nella ceramica, nella fotografia e nell’incisione. Un artista che ha raggiunto l’amalgamazione che porta alla vera opera.