“L’unica soluzione è il sorteggio puro, altrimenti non sarà possibile scardinare il sistema delle correnti. Anzi, molto probabilmente, a lume di naso, ora si creeranno ancora molti più accordi”. A dirlo all’AdnKronos, commentando il primo via libera del Cdm alla riforma del Csm, è l’ex pm Alfonso Sabella, oggi giudice del Tribunale del Riesame di Napoli, per quasi un anno assessore alla Legalità del Comune di Roma nella giunta di Ignazio Marino.
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“Poiché, mi dispiace dirlo, non vedo una presa di coscienza etica all’interno della magistratura – evidenzia Sabella – conseguentemente penso che qualunque tipo di legge elettorale venga adottata in questo momento per il Csm, che non sia il sorteggio puro, non porterà che a un meccanismo per cui le correnti riusciranno poi a trovare accordi per determinare loro le scelte. Servirebbe, dunque, una presa di coscienza etica da parte dell’intera magistratura e un contemporaneo passo indietro da parte dei vertici della magistratura associata, che ritengo doveroso, altrimenti, ribadisco, l’unica riforma elettorale utile sarebbe quella che prevede il sorteggio puro“.
Quanto ai limiti alle cosiddette “porte girevoli” fra toghe e politica, Sabella spiega: “Guardi, per i peones ci sono già e si applicano, ma per gli amici si interpretano. Io ho fatto per 10 mesi l’assessore al Comune di Roma in un ruolo che era più tecnico che politico e adesso per 5 anni vado avanti e indietro fra Roma e Napoli, per fare questo ho rinunciato a metà del mio stipendio per quei 10 mesi, sono rimasto senza stipendio per 8 mesi, non ho avuto nessun vantaggio se non una visibilità che poi mi si è ritorta contro, e sono stato punito in una maniera pesantissima dal Csm che mi ha sbattuto a Napoli. Per altri, invece, che sono stati fuori ruolo più del tempo previsto dalla legge, si è fatto in modo, perché fratelli di qualche esponente importante di una corrente, che potessero rientrare tranquillamente a Roma anche quando a Roma non ci potevano stare. Ma tutto questo non lo cambi in questo modo, con questa riforma, ma solo quando i magistrati faranno un ripensamento etico del proprio profilo professionale”.
Proseguendo nelle sue valutazioni, poi, Sabella, a proposito della parte della riforma in cui si prevede che chi è stato consigliere del Csm non possa ricoprire incarichi direttivi per i quattro anni successivi, aggiunge: “Ma perché io debbo rinunciare a un bravo procuratore della Repubblica? Perché chi è stato al Csm non può assumere un altro incarico? Se ha svolto bene il ruolo di procuratore da una parte, perché non lo può fare altrove? Perché debbo rinunciare a queste professionalità? Solo per mettere dei paletti che poi si riveleranno solo burocratici? Ecco perché dico che il problema è etico. Anche perché noi le leggi le interpretiamo, e vedrà che la magistratura associata troverà il sistema per interpretare questa riforma in modo da continuare a fare ciò che ha fatto negli ultimi anni”.
Inoltre, spiega ancora Sabella, con questa riforma “saranno recuperati dei criteri oggettivi per l’assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi, almeno teoricamente, perché c’erano anche prima ma si interpretavano. Questi criteri terranno inevitabilmente conto delle precedenti esperienze lavorative. Ma molti capi o vicecapi di uffici sono stati nominati con quel sistema, e adesso, dunque, passando al criterio oggettivo, saranno avvantaggiati. Voglio dire, se adesso viene indetto un concorso per procuratore della Repubblica, è chiaro che chi ha svolto il ruolo di procuratore aggiunto è avvantaggiato perché ha titoli maggiori. Ma come lo ha avuto quel ruolo di procuratore aggiunto? Perché era migliore o perché era il più rappresentativo? Come ne usciamo? Di certo non con una legge. Continueremo per decenni ancora con questo sistema, perché chi è stato avvantaggiato dal sistema precedente, continuerà ad esserlo anche oggi col criterio oggettivo che gli permette di vincere sugli altri. Ecco perché dico che in questo momento ci vuole la chemioterapia, che è il sorteggio puro. Ed ecco perché continuerò a non fare domande per incarichi direttivi o semidirettivi”.
Infine, Sabella si sofferma sull’ultimo punto: “Io non sono contrario all’ingresso degli avvocati nei consigli giudiziari, però occorre trovare dei meccanismi per evitare che il difensore che va al consiglio giudiziario in qualche modo possa “vendicarsi” del giudice che ha emesso una sentenza a lui sgradita. Sul piano dell’organizzazione degli uffici e della formazione delle tabelle, però, gli avvocati nei consigli giudiziari potrebbero dare un contributo valido. Ma, ripeto, servono meccanismi idonei a far sì che l’avvocato sia realmente “terzo” nei consigli giudiziari”.
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