Il monito per il futuro è – spiega con una battuta il direttore scientifico dell’Istituto Humanitas Alberto Mantovani – «estote parati», vale a dire «siate pronti».E proprio per non farsi cogliere impreparati l’istituto di Rozzano, alle porte di Milano, ha creato l’Emergency Hospital 19, una struttura dedicata interamente alla lotta ai virus – non solo il Covid – e allo studio di questi patogeni con cui dovremo iniziare a convivere. Perché il mondo cambia e anche le patologie evolvono.
Nei 2700 metri quadrati allestiti in sole 11 settimane e separati dall’ospedale principale così da dividere l’area «sporca” da quella “pulita», evitando il contagio, non solo ci si prepara ad affrontare una seconda eventuale ondata in autunno di coronavirus, ma si porta avanti anche un importante programma di ricerca scientifica proprio sui virus. «Se c’è un messaggio che abbiamo imparato in questi mesi di pandemia è che dobbiamo essere preparati, in futuro, a nuovi agenti infettivi. E anche a quelli che arrivano nel Paese per il cambiamento climatico», spiega Mantovani, che ammonisce: «Non dobbiamo dimenticare che il mondo microbico intorno a noi cambia e il Covid ce lo ha ricordato. Avvengono mutazioni che fanno poi comparire patogeni nuovi». Di questi nuovi patogeni si occuperà, appunto, l’Emergency Hospital 19, di cui una delle attività principali è la ricerca scientifica a livello internazionale.
Alberto Mantovani
Immunologo, è Direttore Scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas Di milano e professore Della Humanitas University
«C’è, infatti, una dimensione internazionale della ricerca che è fondata sulla condivisione dei dati scientifici online e sull’analisi bioinformatica con l’Intelligenza Artificiale», chiarisce, ricordando che in Humanitas la collaborazione con realtà scientifiche straniere è all’ordine del giorno. «Ad esempio, abbiamo appena concluso l’analisi, disponibile in Open Access, di una molecola importante per la difesa immunitaria: abbiamo avuto accesso a informazioni di pazienti dagli Stati Uniti e da Israele senza analizzare il sangue e le cellule del polmone, semplicemente ricorrendo a tecniche di analisi bioinformatica».
Partendo dai dati disponibili, in questi mesi i ricercatori dell’Humanitas hanno condotto il primo studio di genetica della popolazione italiana. «Siamo stati parte di un grande sforzo europeo basato sull’analisi genetica, quello sul cromosoma 3 in cui è codificato uno dei sistemi con cui il virus entra nel nostro organismo. Abbiamo lavorato sugli anticorpi, conducendo a quello che continua a essere lo studio più grande sugli anticorpi di sierologia».
Intanto, in questo momento, all’Humanitas si stanno sviluppando nuovi modelli diagnostici. In particolare – spiega Mantovani – «stiamo lavorando sulla prima linea di difesa del corpo, che è una delle nostre caratteristiche: qui abbiamo scoperto delle molecole che sono parte essenziale della prima linea di difesa, l’immunità definita “innata”. Inoltre, sapendo che il virus entra nel nostro organismo attraverso le mucose, studiamo l’immunità specializzata detta “mucosale”: è facile capire come questo tipo di immunità sia fondamentale». Anche perché proprio a questo si collegano alcuni studi sui vaccini anti-Covid, come ad esempio l’adenovirus.
«Sul fronte dell’immunità innata – racconta Mantovani – lavoriamo sulle cellule che studiamo da sempre, le mucose, appunto: l’ambizione è chiarirne il ruolo. E tutti questi studi ci aiutano soprattutto con gli asintomaci al Covid. Si tratta, in generale, del livello in cui fermiamo le aggressioni dei microrganismi nel 90% dei casi. E’ quindi possibile che questo succeda anche a livello del coronavirus che possiede meccanismi tali da ingannare la risposta dell’organismo, superando la prima linea di difesa».
Studi che vanno di pari passo con lo sviluppo di un vaccino contro il Covid per il quale, comunque, secondo Mantovani, ci vogliono «sia speranza sia cautela: io vorrei che ci fosse un vaccino già domani e, anzi, avrei voluto che ci fosse stato già ieri, ma continuo a pensare che dobbiamo augurarci che ci sia più di un vaccino disponibile». E per l’autunno che cosa dobbiamo aspettarci? «Sulla base dei dati pubblicati oppure resi disponibili fino a oggi – ragiona il professore – non c’è nessuna evidenza che il virus si sia attenuato. Sappiamo solo che la malattia si è ridotta e, adesso, è molto più gestibile, anche perché abbiamo imparato a curarla meglio e a utilizzare le tecnologie diagnostiche molto meglio rispetto alle prime settimane».
E conclude Mantovani: «Ciò non toglie che nei prossimi mesi dobbiamo continuare a mantenere alta la guardia, fare tutti il vaccino contro l’influenza e, inoltre, avere comportamenti che non mettano a rischio la nostra vita e tantomeno quella degli altri». —