In una molecola prodotta dal fegato scoperto il fulcro dell’azione neuroprotettiva garantita dall’esercizio fisico: la proteina – Gpld1 – è uno «scudo» contro l’invecchiamento del cervello, mantenendo giovani memoria e capacità di apprendimento. Frutto di uno studio della University of California a San Francisco e pubblicata su «Science», la scoperta potrebbe fornire la base per una terapia anti-aging per il cervello, pensata in primis per persone che non possono fare sport, a cominciare dagli anziani.
Lo sport – e l’attività fisica – è tra i più potenti fattori protettivi: è per questo che i ricercatori hanno voluto indagare le molecole attivate dal movimento e si è quindi osservato nel sangue l’aumento dei livelli della Gpld1. E non è tutto. Il team è riuscito a riprodurre anche l’effetto anti-aging sul cervello, aumentando la quantità della proteina.
«Se ci fosse un farmaco con gli stessi effetti positivi sul cervello indotti dall’esercizio fisico – ha spiegato l’autore principale del lavoro, Saul Villeda, specialista del dipartimento di terapia fisica e riabilitativa dell’università – tutti potrebbero assumerlo. Il nostro lavoro, infatti, suggerisce che almeno alcuni dei benefici dello sport potrebbero, un giorno, diventare disponibili in forma di pillola».
Lo studio ha preso le mosse da una serie di esperimenti sui fattori molecolari presenti nel sangue. Gli scienziati, prima di tutto, hanno trasfuso sangue di animali giovani in animali anziani e dimostrato che il trattamento migliorava le funzioni mentali di apprendimento e memoria di questi ultimi. Poi hanno pensato di eseguire una trasfusione di sangue da topolini anziani che facevano attività fisica con regolarità in animali anziani sedentari. Dopo poche settimane di questa «terapia» si sono riscontrati gli effetti positivi sul cervello dei topi sedentari.
I ricercatori, a questo punto, hanno testato a una a una le molecole che aumentano nel sangue e si sono imbattuti in Gpld1, finora poco studiata. Quando hanno indotto il fegato di topolini anziani sedentari a iper-produrla, sono bastate tre settimane: gli effetti sul cervello degli animali si sono resi evidenti, con un aumento della memoria e la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo, una zona cruciale, che è anche la prima a essere colpita dalla demenza.
Le conseguenze della dose extra di Gpld1 sul cervello sono state comparabili a quelle osservate dopo sei settimane di attività fisica. Villeda ha notato che la proteina agisce in modo indiretto, riducendo l’infiammazione e la coagulazione del sangue, due condizioni deleterie per il tessuto nervoso. «Non mi aspettavo di trovare una molecola che potesse, da sola, spiegare gran parte dei benefici dell’esercizio fisico sul cervello», ha concluso Villeda. Il prossimo passo sarà scoprire i bersagli d’azione di Gpld1 per sviluppare farmaci che ne mimino gli effetti ringiovanenti.