Si trova in una galassia distante 13,8 miliardi di anni luce e risale al periodo in cui il cosmo aveva solo 500 milioni di anni; appare di colore fluorescente perché è illuminato dalla luce ultravioletta delle prime stelle nate dopo il Big Bang
La ricerca, pubblicata su Nature, è del gruppo della giapponese Osaka Sangyo University, guidato da Takuya Hashimoto.
“Subito dopo il Big Bang l’ossigeno non esisteva ancora nell’universo, che era buio e composto prevalentemente da idrogeno ed elio”, ha detto all’Ansa il cosmologo Andrea Ferrara, della Scuola Normale Superiore di Pisa.
“Le prime stelle – ha aggiunto – si sono formate da questi due gas e avevano caratteristiche diverse da quelle attuali: erano molto massicce, circa 50-100 volte più massicce del Sole, ed erano anche estremamente più calde e producevano più radiazione ultraviolette, rispetto alle stelle di oggi”.
A generare l’ossigeno sono stati i processi di fusione nucleare avvenuti nelle prime stelle che, morendo, hanno liberato il gas nell’universo.
I cosmologi sono convinti che nella galassia siano ancora presenti alcune delle stelle primitive perché gli atomi di ossigeno appaiono fluorescenti: perché questo accada è necessario “che gli atomi siano illuminati dalla luce ultravioletta prodotta dalle prime stelle”, ha osservato Ferrara.
Di conseguenza la rilevazione dell’ossigeno in quell’antica galassia indica che le prime stelle si sono formate almeno 250 milioni di anni dopo il Big Bang. Il prossimo passo sarà cercare di vedere quelle stelle primitive sopravvissute, che continuano a illuminare l’ossigeno più antico.
I ricercatori contano di poter guardare così lontano combinando le osservazioni condotte con il radiotelescopio Alma e il futuro telescopio spaziale della Nasa, il James Webb Space Telescope.