Gli ingressi a scuola scaglionati, ben oltre le otto del mattino, mandano in crisi i genitori. “Così non riusciamo, siamo già al lavoro”, è la testimonianza di Francesca, 41 anni. Nella scuola materna statale, nel quartiere Monteverde Nuovo di Roma, dove è stato preso suo figlio di quattro anni, l’arrivo è stato fissato per le 8.50, con uscita alle 16.50.
Orario impossibile per accompagnare suo figlio?
“Comincio a lavorare alle otto, sono dipendente di un’azienda privata. E mio marito è libero professionista, ha orari che cambiano a seconda degli impegni di lavoro. Non lo trovo giusto, siamo in difficoltà e con noi altre famiglie”.
Suo figlio prima frequentava una materna privata proprio per risolvere i problemi di orario. Poi è arrivato il lockdown.
“Mio marito lavora nel settore del turismo, nei mesi di chiusura siamo andati avanti con un solo stipendio. Avevo sempre fatto domanda alla scuola pubblica, quando a marzo è stata accettata ero contenta”.
Quando vi hanno comunicato gli orari?
“Solo ieri, sino a fine agosto non si sapeva nulla. Ci hanno prospettato prima un inserimento di 15 giorni per pochissime ore al giorno, dalle 9.15 alle 11.45 la prima settimana, sino alle 12.45 la seconda. Neanche al nido è stato chiesto un tempo di inserimento così lungo, è un’offesa all’intelligenza dei bambini. A fatica, con permessi, ci adatteremo. Ma la doccia gelata è stata quando ci è arrivato l’orario definitivo: ingresso alle 8.50. Come è possibile? Così non ce la si fa. Potevano far partire prima, alle 7.30, gli scaglionamenti così non si arrivava a ridosso delle 9 del mattino, quando il lavoro è già iniziato per tutti”.
Come farete ora?
“Abbiamo sempre deciso che nostro figlio andava accompagnato e preso da scuola da noi, non vorremmo affidare questo compito ad altri perché è un momento importante. La decisione riguarda come hai deciso tu di crescere tuo figlio. Ora dovrò spendere soldi per una baby sitter? Prendermi dei permessi dal lavoro? Non viene nemmeno offerto un servizio di pre-scuola. Non lo trovo proprio giusto, non si possono ignorare le esigenze di madri e padri che lavorano”.
Fonte www.repubblica.it