Una volta chi si chiamava Ganna il Giro lo vinceva. Luigi da Induno Olona, trionfatore della prima edizione nel remotissimo 1909. Filippo da Verbania non potrà emularlo, visto che madre natura non lo ha attrezzato per andare forte su tutti i terreni e, come se non bastasse, per tre settimane. Su una cosa però Filippo potrà superarlo: conquistare la maglia rosa, che Luigi non indossò mai essendo in voga solo dagli anni trenta. L’occasione è ghiotta, una crono di 15,1 km da Monreale a Palermo che darà il via al Giro d’Italia numero 103. Distanza dimezzata rispetto a quella che lo ha visto protagonista al Mondiale di Imola, primo azzurro a vincere la maglia iridata contro il tempo, più vicina alla decina di km di San Benedetto nel giorno della chiusura della Tirreno-Adriatico. Due gare che hanno visto proprio nel dominio dell’italiano il punto di convergenza. Il percorso siciliano sembra inoltre fatto apposta per esaltarne le caratteristiche, anche se ci sono tante varianti: quella impazzita è il meteo, che con partenze spalmate su un crono abbastanza ampio, può fare la differenza. L’altra, più ‘controllabile’, sono gli avversari.
Prima di Ganna, che scatterà alle 14,58, toccherà al belga Victor Campenartes (13,18), all’olandese Jos Van Emden (14,35) e soprattutto all’australiano Rohan Dennis, anche lui due volte campione del mondo a cronometro ma nettamente battuto a Imola (deludente quinto posto). Parecchio dopo sarà la volta del tedesco Tony Martin, alla ricerca di rispolverare antichi splendori in prove di questo tipo. Ma non basta, perché Ganna il nemico potrebbe avercerlo in casa. Geraint Thomas, il suo capitano della Ineos, arrivato in italia con il progetto più ambizioso: vincere il Giro. Missione possibile, sia per la squadra – che alla corsa rosa, quando si chiamava Team Sky ha rotto il ghiaccio nel 2018 con Froome dopo anni di disastri – e per la voglia di rivalsa dopo essere visto accantonato a favore di Bernal per un Tour de France rivelatosi fallimentare.
Thomas, che è anche uno specialista niente male contro il tempo, non potrà certo stare a preocuparsi del sogno rosa di Ganna. Dovrà già spingere al massimo, così come del resto faranno gli altri pretendenti alla classifica finale. Vincenzo Nibali ad esempio, dovrà limitare il gap nella prima delle tre tappe siciliane. Per l’ennesima volta il ciclismo italiano carica le sue spalle di responsabilità per ben figurare in una corsa a tappe: gli anni passano, ma lui resta sempre uno capace di inventare il colpo da maestro. Ne sa qualcosa Steven Kruijswijk, altro papabile almeno per il podio, che perse l’ultimo Giro vinto da Nibali (nel 2017) lasciando le proprie ambizioni sulla neve ghiacciata del Colle dell’Agnello, affrontato a tutta proprio per parare un attacco dello Squalo.
E poi ancora, Jakob Fuglsang, che ormai 35enne vuole quel salto di qualità mai totalmente avvenuto: squadra alle prese con problemi di Covid, ma che schiera anche Miguel Angel Lopez, spalla ed all’occorrenza importantissima pedina tattica. E ancora, Simon Yates, uno che il Giro sembrava averlo in pugno prima che di colpo, alle terza settimana, il serbatoio della benzina segnasse rosso. Loro e tanti altri, (176 in tutto) per tre settimane d’ottobre che sembreranno un infinito Giro di Lombardia, mentre dal Belgio e dalla Francia arriveranno sprazzi di Liegi e Roubaix, sovrapposizioni della più folle delle stagioni.
Fonte www.repubblica.it