L’Italia ha ancora un po’ di tempo a disposizione, ma non troppo perché ormai il Cio sta monitorando con attenzione lo stato dei rapporti tra Coni e governo. Rimandando, ma non a oltranza, l’eventuale sospensione del comitato olimpico italiano che potrebbe anche non presentarsi alle Olimpiadi di Tokyo con il tricolore, le divise azzurre, l’inno di Mameli. Come la Russia alle Olimpiadi invernali di PyeongChang. Al termine dell’Esecutivo del Cio il presidente Thomas Bach ha chiarito che del caso-Italia si è parlato, arrivando alla conclusione che è meglio dare tempo per trovare un accordo piuttosto che inserire il Paese nella black list olimpica. “Abbiamo ricevuto un report dal dipartimento delle relazioni con i comitati olimpici nazionali” ha spiegato al termine del board. “Come sapete, abbiamo scritto alcune lettere al ministro dello sport italiano (Vincenzo Spadafora, ndr), sfortunatamente non abbiamo ancora ricevuto risposta. Allo stesso tempo siamo stati informati dal Coni che sono in corso colloqui col ministro ed altre parti. Così abbiamo deciso di aspettare in attesa dei risultati di questi colloqui. Pensiamo sempre che la soluzione migliore sia il dialogo, una specie di accordo tra il Coni e il governo”. Il comitato olimpico internazionale è a conoscenza che dal 2018 alcuni passaggi di legge di stabilità, decreti legge e Dpcm dei governo Conte 1 e Conte 2 sono in contrasto con la carta olimpica, prefigurando un’ingerenza della politica nello sport non accettata in sede olimpica.
“Le Olimpiadi di Tokyo si faranno, ma forse senza stadi pieni”
Grande ottimismo ha esibito Bach sullo svolgimento dei Giochi di Tokyo, slittati di un anno a causa della pandemia. Le Olimpiadi, che il presidente colloca in un ideale “mondo post coronavirus” si svolgeranno comunque: “Siamo molto fiduciosi nel miglioramento della sitazione da qui ai prossimi dieci mesi, quando saranno sviluppati test rapidi e più vaccini. Crediamo che a Tokyo potranno venire anche spettatori internazionali”. Niente porte chiuse quindi: “Anche se è possibile che gli stadi non saranno a “full capacity”, a piena capienza”.
Fonte www.repubblica.it