I ricercatori dell’Università di tecnologia e design Singapore sono riusciti in un’impresa inseguita da molto tempo: stampare con una stampante 3D dei formaggi o, quantomeno, dei derivati del latte. La tecnica, di cui gli autori hanno parlato in un dettagliato articolo pubblicato su The Royal Society of Chemistry, corredato di foto molto chiare, finora non era mai stata messa a punto, e si pensava che, con le stampanti attuali, non sarebbe stato possibile. Al contrario, aver dimostrato che, con i giusti accorgimenti, lo è, potrebbe aprire la strada ad applicazioni utili quali la realizzazione di alimenti personalizzati in generale e, per esempio, in contesti quali quelli ospedalieri, dove ci possono essere pazienti con esigenze specifiche. Inoltre potrebbe contribuire a ridurre molto gli sprechi per esempio dei tagli delle lavorazioni, e a rendere più agevole la fornitura di formaggi in paesi dove le temperature esterne e le scarse risorse la rendono spesso complessa, quando non impossibile o, ancora, nello spazio.
Infine, potrebbe consentire risultati esteticamente molto apprezzati, o troppo difficili da realizzare a mano. La realizzazione di un oggetto con una stampante in 3D avviene tramite due tipi di processi: uno prevede l’utilizzo del laser, ed è quindi sempre stato scartato perché le temperature raggiunte anche dai laser più “freddi” non sono compatibili con le lavorazioni alimentari. L’altra è l’estrusione, ottenuta a caldo (anch’essa scartata per gli stessi motivi) o a freddo, finora mai utilizzata perché richiedeva degli additivi anch’essi non adatti a un alimento, ma necessari per rendere il flusso del materiale di partenza sufficientemente fluido.
I ricercatori di Singapore sono intervenuti proprio in quest’ultimo aspetto, riuscendo a ottenere le giuste miscele di latte in polvere e acqua deionizzata. Studiando gli assortimenti possibili dal punto di vista fisico-chimico e sperimentandoli via via nelle stampanti, hanno così dimostrato che si ottengono prodotti con caratteristiche nutrizionali e, appunto, chimico-fisiche più che accettabili quali formaggi e cioccolato a temperatura ambiente (a 25°C), e senza bisogno di additivi per migliorare il flusso dell’”inchiostro” di partenza.
Tutto ciò dimostra anche, indirettamente, la possibilità di stampare altri alimenti, partendo dalle opportune farine miscelate con acqua deionizzata e potrebbe dare il via a una nuova stagione per i prodotti alimentari ad alta tecnologia.