In Campania a combattere contro la morte ci sono i precari, in alcuni casi giovani con poca esperienza, con un contratto di lavoro fino al 31 dicembre prossimo.
Il Presidente del Sindacato Infermieri Italiani riferisce di dati preoccupanti: «Secondo la nostra inchiesta sindacale, di 115 posti in terapia intensiva, circa 85 sono già occupati. 18 ad oggi sono i colleghi contagiati nell’arco degli ultimi 30 giorni. Area Covid all’Ospedale del Mare e nuovi posti letto? Certo si arriverebbe a 200, se ci fossero il personale e i respiratori necessari. E in queste ultime ore ci arrivano le denunce dei colleghi: solo 6 su 21 sono contrattualizzati, per gli altri il posto di lavoro durerà fino 31 dicembre prossimo. Una vergogna considerata anche la responsabilità che ricade sulle loro spalle in questo frangente! Chi combatte in prima linea contro la morte lo fa da precario»
«Stiamo monitorando 24 ore su 24 la situazione della sanità pubblica in Campania in pieno clima di ripresa del covid-19. E quello che viene fuori, giorno dopo giorno, attraverso i nostri referenti regionali, è il desolante disegno di un quadro allarmante, letteralmente a rischio esplosione. Ma la cosa peggiore, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up Sindacato Infermieri Italiani, riguarda un atteggiamento che da più parti ci risulta eccessivamente “morbido”, direi quasi lassivo. Mi spiego meglio: anche i nostri infermieri, rispetto ai nostri stessi colleghi del Nord, denunciano molto meno quanto sta accadendo. Di conseguenza la stampa, rispetto alle notizie di forti disagi che emergono ora dopo ora, in Regioni come Piemonte, Lombardia e Veneto, riporta molto meno il “vissuto” campano. Si corre il rischio di essersi pericolosamente abituati alla mediocrità di strutture con carenze di personale che ormai potrebbero finire sui libri di storia. Solo pochi giorni fa, i nostri referenti del Piemonte ci denunciavano l’allarme dell’asl città di Torino, con appena 55 infermieri assunti di cui solo 2 a tempo indeterminato. In Lombardia, ospedali come Cremona e Brescia, attraverso i nostri infermieri, ci raccontano ogni giorno di situazioni già allo stremo. Cosa succede in Campania? Possibile che nessuno racconti di un possibile collasso verso il quale si arriverebbe inevitabilmente, senza via di uscita, se si arrivasse al numero di contagi della Lombardia dello scorso marzo, alla luce di un virus che, se si facesse virulento come in primavera, sarebbe impossibile da sconfiggere? Ci si può affidare alla sola speranza che tutto questo non accada senza avere le armi per fronteggiare l’emergenza? L’esempio dell’Area Covid dell’Ospedale del Mare è a limiti della sopravvivenza umana. I posti letto in terapia intensiva ci sono, ma mancano respiratori, manca personale, e chi opera in prima linea contro il “mostro” lo fa da precario. Su 21 infermieri solo sei sono contrattualizzati. Fino al 31 dicembre. Una situazione mostruosa.
La verità è che in particolare la sanità pubblica provincia di Napoli, in un territorio esteso e quindi carico di potenziali pazienti ma soprattutto potenziali ammalati Covid, con il Cardarelli e il San Giovanni Bosco ai primi due posti per infermieri contagiati, paga il dramma di quei tagli che ben prima della gestione De Luca hanno portato aree come l’asl Napoli 1 da circa 13 mila a 7200 posti di lavoro, e questo per fronteggiare i debiti da capogiro.
E chi subisce oggi le scelleratezze della politica italiana? Gli infermieri, chi altri. Esposti al rischio costante, in piena ripresa pandemia, di ammalarsi e di rimetterci anche la vita.
Come sindacato noi non possiamo rimanere a guardare, denunciamo l’esistenza di una bomba ad orologeria, pronta a esplodere se non si interviene immediatamente.
Chiediamo al Governo, al Ministro della Salute Speranza, al Presidente della Regione De Luca, strategie adeguate e immediate, non parole e non azioni di facciata.
Per come la vediamo noi, gli operatori sanitari, tutti indistintamente, vanno sottoposti almeno ogni 20 giorni a tampone completo in ogni ospedale campano. Inoltre ogni giorno, prima di prendere servizio, va fatto loro un test rapido. Prima di entrare a contatto con i pazienti. Siamo uomini e donne prima che infermieri. Qualcuno lo dimentica. Potremmo noi stessi nonostante l’elevato livello di attenzione e precauzioni, se fossimo asintomatici e se il contagio venisse preso fuori dal contesto ospedaliero, ed essere involontari veicoli di contagio per altri colleghi e per gli ammalati, e questo non ce lo possiamo permettere. Il Covid è anche e soprattutto invisibile e forte fuori dagli ospedali e noi abbiamo una vita familiare e sociale che ci espone come chiunque altro, nonostante le attenzioni. Ma se i nostri datori di lavoro non si organizzano per tutelare essi stessi i loro dipendenti, evitando che chi ha un minimo di febbre o ancor peggio già contagiato ma pericolosamente asintomatico, avvii la propria giornata lavorativa, allora la responsabilità non può ricadere su chi compie il proprio dovere ma viene lasciato alla mercé del nemico».